Il restauratore dell’affresco “castrato”: siamo pronti a metterlo a posto

Il restauratore dell’affresco “castrato”: siamo pronti a metterlo a posto
VENERDÌ, 19 AGOSTO 2011 IL TIRRENO - Grosseto

Durante il restauro dell’Albero della fecondità, affresco medievale di Massa Marittima (risale al 1265), è stato “castrato” il frutto-fallico che pendeva dalla pianta? «Con tutte le autorizzazioni del caso, e senza costi aggiuntivi, possiamo reintegrare quanto manca», dice candidamente il restauratore Giuseppe Gavazzi, raggiunto per telefono.
Nessuna volontà di censurare, insomma: la cancellazione dal frutto di alcuni dettagli che lo rendono fallico «potrebbe essere stata provocata dall’aggressione di alcune sostanze chimiche», dice Gavazzi. «Dobbiamo considerare - aggiunge - che abbiamo lavorato su un’opera molto deteriorata». Il restauratore precisa che «i lavori sono stati comunque eseguiti così come scelto dalla Sovrintendenza che li ha costantemente monitorati».
Del resto, il 6 agosto scorso, quando l’opera è stata esposta di nuovo al pubblico, tutti i soggetti coinvolti nel restauro hanno dato il via libera. Ma quando l’affresco è stato di nuovo visibile, Gabriele Galeotti, del movimento civico Massa Comune, si è accorto dei particolari mancanti e ha subito presentato un esposto alla Procura, ai carabinieri, al ministero e alla Sovrintendenza perché l’affresco appare «fortemente compromesso».



È una “castrazione chimica” Ma i restauratori sono pronti a ridare gli attributi al frutto

Agenti erosivi potrebbero aver nascosto le tracce originali «In ogni caso è possibile riparare, senza costi ulteriori»



Parla l’esperto che ha curato il restyling: «Lavori attenti e scrupolosi, con l’ok delle autorità»

ALFREDO FAETTI
MASSA MARITTIMA. Potrebbe esserci un’aggressione di fattori chimici dietro alla “castrazione” di quel frutto che pende dall’Albero della Fecondità a Massa Marittima. Lo spiega il restauratore, Giuseppe Gavazzi, che sottolinea come «i lavori siano stati eseguiti così come scelto dalla Soprintendenza».
«Dobbiamo considerare che abbiamo lavorato in funzione di uno stato di forte deterioramento», spiega il restauratore che ha sede aziendale a Siena. E potrebbe essere stato proprio questo fattore ad aver cancellato dal frutto dell’affresco quei dettagli che - per volontà dell’antico autore - di fatto lo rendevano un fallo.
Gavazzi, raggiunto al telefono, spiega di non aver ben presente a quale dettaglio ci si riferisca. Vuole però precisare che «il restauro ha seguito quanto è stato deciso dalla Sovrintendenza di Siena, che ha monitorato costantemente i lavori». Del resto, quando il 6 agosto scorso l’affresco del XIII secolo è stato riconsegnato al pubblico, tutti i soggetti coinvolti nel restauro hanno dato il via libera. «Se è stato esposto vuol dire che si è deciso di farlo rimanere quello attuale». Che però ha dei difetti rispetto al disegno originale. «Se qualcuno è andato a vedere il dettaglio possiamo comunque, con tutte le autorizzazioni del caso, reintegrare quanto manca».
Qualcuno in effetti è andato a vedere, e ha trovato un particolare indigesto. Spedendo persino un esposto alle autorità perché a suo parere «l’affresco è fortemente compromesso nella sua autenticità».
Ma cosa ha portato alla “castrazione” di quel frutto? «I lavori sono stati fatti con grande cura e attenzione», garantisce Gavazzi, che nel settore è un’autorità. «È probabile che questa mancanza di foglie e particolari del frutto possa essere dovuto all’aggressione che l’affresco ha subito negli anni». L’aggressione di cui parla il restauratore riguarda alcune sostanze chimiche che hanno creato un problema alla superficie del muro, minando sia il colore che le forme dell’opera. «Noi abbiamo installato degli impacchi perché il disegno fosse protetto, ma a quanto pare queste sostanze sono riuscite a oltrepassarli». Del resto, il disegno è alla base di un palazzo medievale, quello dell’Abbondanza, raffigurato proprio sopra delle fonti. Di acqua attraverso quel muro, insomma, ne passa tanta. «Noi non potevamo aspettarci un’aggressione simile all’opera».
Tirando le fila, quindi, l’Albero della Fecondità potrebbe aver subito modifiche da agenti chimici presenti nella sua superficie, senza che nessuno dei soggetti, dagli stessi restauratori alla Sovrintendenza, abbia notato (oppure abbia deciso di lasciar correre) il ramo su cui pende il frutto non più fertile come un tempo. «Comunque, se sarà deciso, non ci saranno problemi a fare l’integrazione a quanto scomparso, senza costi aggiuntivi», conclude Gavazzi.

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