Ariosto al museo del Louvre. Dame e draghi in giro per Parigi

Corriere della Sera 12.4.09
Ariosto al museo del Louvre. Dame e draghi in giro per Parigi
di Marina Giaveri

«Le donne, i ca­valier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’au­daci imprese io canto...». Ec­coli, volti di dame e tenzoni di cavalieri, castelli e boschi e navi fantastiche a scocca di drago, disegnati con la precisione gotica della scuo­la del Pisanello, con la sovra­na grazia del pieno Rinasci­mento, con la perversa levi­gatezza dei grandi romanti­ci: eccoli nella mostra (una sessantina di opere) dedica­ta dal Louvre a illustrare l’Immaginario dell’Ariosto, l’Ariosto immaginato.
Sono, dapprima, corsieri e paladini che popolano quel mondo multilingue ep­pur compatto della tradizio­ne cavalleresca alla quale si abbeverano — con nostal­gia ed ironia — gli scrittori di tutt’Europa; sono poi figu­re tipiche della società cin­quecentesca, quali si muo­vono fra le corti di Roma e Ferrara ai tempi del poeta; sono, infine, gli Orlandi e le Angeliche, i Ruggeri e i Mandricardi le cui avventu­re si tessono nelle stanze dell’Orlando furioso, si tra­smettono a generazioni di lettori, fanno sognare gene­razioni di artisti.
Strutturata con compe­tenza filologica, abile nel­l’uso delle risorse interne al museo, accompagnata da un attento corredo di confe­renze, letture, proposte tea­trali e musicali, la mostra è anche, per il visitatore, l’oc­casione di incantevoli sco­perte, come la serie ispirata dal poema a Henri Frago­nard.
Il pittore delle delizie set­tecentesche si rivela affasci­nato dall’Orlando furioso non solo per il numero dei disegni che gli consacra (ben 179, di cui una decina in possesso del Louvre e set­te qui esposti) ma per il gu­sto del meraviglioso e la mo­bile vivacità del tratto, che sembrano riprendere la ve­locità e la leggerezza della narrazione ariostesca.
Se i disegni del Pisanello — attivo a Ferrara meno di un secolo prima dell’Ario­sto — o quelli di Niccolò dell’Abate, contemporaneo del poeta, illustrano le fonti e l’ambiente da cui nacque­ro le caleidoscopiche avven­ture dei paladini di Francia, esaltate nell’allegra libertà del gusto italiano, la fortu­na del poema è poi tracciata anche tramite una serie si­gnificativa di oggetti, che vanno dalla prima edizione dell’Orlando furioso a picco­le sculture di mano france­se ispirate ai suoi personag­gi.
L’episodio di Ruggero che libera Angelica dal mo­stro marino ha poi uno svi­luppo iconografico partico­lare: nell’ultima delle sale Mollien che ospitano l’espo­sizione, esso è non solo con­frontato pittorica­mente con la sua fonte classica (Per­seo che libera An­dromeda) ma an­che declinato nelle discordi soluzioni di tre fra i massimi pittori dell'800 francese: Jean-Au­guste- Dominique Ingres, Eugène De­lacroix e Gustave Moreau.
Scopertamente erotico nella famo­sa tela di Ingres (qui presentata con il suo corredo di disegni prepara­tori), l’episodio si fa magmatico di co­lori nel piccolo e densissi­mo quadro di Delacroix, per poi risolversi nella con­templazione estetizzante di Moreau.
L’immagine della bella esposta al mostro («così ignuda / come Natura pri­ma la compose») e del suo bellicoso salvatore che piomba dal cielo in un arruf­fio di penne d’ippogrifo di­venta, così, pretesto di con­templazioni sado-masochi­stiche e di drammatizzazio­ni romantiche, prima di ri­solversi nella regalità stati­ca che illustra l’avvento del­la stagione simbolista.

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