Galileo. Il cielo in una lente
Corriere della Sera 12.3.09
Quattrocento anni fa inventò il cannocchiale. Da domani al 30 agosto un viaggio nell'affascinante rapporto tra uomo e cosmo
Galileo. Il cielo in una lente
Dai papiri egizi all'Atlante Farnese: la matematica incontra l'arte
di Wanda Lattes
La mostra «Galileo. Immagini dell'universo dall'antichità al telescopio» è promossa dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze e dalla Fondazione Strozzi.
Curatore, Paolo Galluzzi, direttore del museo di Storia della scienza di Firenze. Info: www.palazzostrozzi.org, 055/2645155. Catalogo: «Giunti», 444 pagine, 38 euro
La musica All'interno della mostra sarà presentata la prima esecuzione del canone angelico a 36 voci del frontespizio della Musurgia Universalis di A. Kircher.
Il canto celeste è il sonoro del filmato «L'armonia delle sfere»: partitura di M. Ignelzi, eseguito dal coro Vincenzo Galilei della Normale di Pisa (direttore F. Rizzi)
L'altra mostra «Il futuro di Galileo» , in corso a Padova fino al 14 giugno al Centro Culturale Altinate/San Gaetano, è dedicata alla modernità, all'innovazione e alla capacità di guardare al futuro dello scienziato. Orari: 9-19, dal martedì alla domenica. Il biglietto costa 8 euro, info: 049 2010010
Trecento pezzi in otto grandi sale. Perfino gli antichi soffitti di palazzo Strozzi sono stati colorati, rivestiti, per per fare intravedere, di colpo, il linguaggio del cielo. Trecento pezzi, oltre alle postazioni multimediali, per addentrarsi nelle più remote suggestioni degli uomini: l'amore, la paura dell'infinito.
La mostra che suggella il quarto centenario delle scoperte rivoluzionarie di Galileo Galilei ha richiesto due anni d'impegno da parte degli studiosi che Paolo Galluzzi, accademico dei Lincei, ha guidato con lo scopo di realizzare non tanto la celebrazione di un genio italiano, quanto di far intendere la cesura che agli inizi del Seicento si ebbe nel mondo della scienza e, dunque, nella vita degli uomini.
Esisteva il rischio di esporre soltanto reliquie galileiane proverbiali: il primo cannocchiale, appunti, ritratti che rievocano la celeberrima condanna per eresia, il salvataggio, la dimora dell'esilio, perfino l'autentico pezzetto di scheletro, l'osso di un dito. Ma il pericolo di una banale agiografia è stato evitato. La mostra è un viaggio (con l'accompagnamento della musica celeste che gli antichi a lungo attribuirono al movimento degli astri) nel rapporto tra uomo e cielo di cui Galileo è solo l'ultimo atto. Ecco dunque come, dai tentativi di interpretare la disposizione dei corpi celesti quale magico, diretto fattore di carattere di ciascun individuo malinconico, flemmatico o rabbioso, si sia passati all'osservazione del cosmo, al ragionamento geometrico che è base delle scienze attuali.
La prima sezione (con papiri, manoscritti e tavolette) risale agli albori dell'astronomia: Mesopotamia, Egitto. Nella seconda e nella terza si semplifica il pensiero greco ed ellenista: Platone, Aristotele, Pitagora, Tolomeo. Poi si individuano le forme del pensiero cristiano, islamico, e si arriva alla rinascita dell'astronomia con Copernico e Tycho Brahe. Fino a che non arriva Galileo che, dando le consegne a Keplero e Newton, apre alla Scienza vera e propria.
I pezzi della mostra testimoniano inoltre, con coerenza, come il cielo abbia parlato all'arte. Ecco, tra Centauri e cigni simbolici, l'Atlante Farnese, splendida statua greca portata a Roma nel 1562. Il vecchio Atlante ha sulle spalle il globo celeste con tanto di equatore, zodiaco e tutte le costellazioni. A tale capolavoro si accostano come rarità le tavolette babilonesi che rispecchiavano diari astronomici, solstizi, equinozi. E poi il globo d'argento del II secolo che in superficie squaderna le 48 costellazioni di Tolomeo. L'arazzo di Toledo è un astrolabio di stoffa variopinta che ha al centro la sfera celeste e attorno meravigliose fantasie di costellazioni. Di Botticelli è esposto un Sant'Agostino; di Rubens, un feroce Saturno. E poi un Atlante del Guercino, una Melanconia di Durer, un'Allegoria dell'aria e del fuoco firmata da Bruegel il vecchio.
Ed eccolo, infine, il simbolo e il fulcro di questa mostra e dell'anno galileiano: il cannocchiale che lo scienziato realizzò per il Granduca Cosimo II, legno, pelle, decorazioni in foglia d'oro, piccolo diaframma, bariletto per le lenti. E, accanto, il suo primo «figlio»: un suggestivo acquerello autografo della Luna, la prima fedele riproduzione dell'immagine catturata finalmente grazie allo strumento appena inventato.
Quattrocento anni fa inventò il cannocchiale. Da domani al 30 agosto un viaggio nell'affascinante rapporto tra uomo e cosmo
Galileo. Il cielo in una lente
Dai papiri egizi all'Atlante Farnese: la matematica incontra l'arte
di Wanda Lattes
La mostra «Galileo. Immagini dell'universo dall'antichità al telescopio» è promossa dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze e dalla Fondazione Strozzi.
Curatore, Paolo Galluzzi, direttore del museo di Storia della scienza di Firenze. Info: www.palazzostrozzi.org, 055/2645155. Catalogo: «Giunti», 444 pagine, 38 euro
La musica All'interno della mostra sarà presentata la prima esecuzione del canone angelico a 36 voci del frontespizio della Musurgia Universalis di A. Kircher.
Il canto celeste è il sonoro del filmato «L'armonia delle sfere»: partitura di M. Ignelzi, eseguito dal coro Vincenzo Galilei della Normale di Pisa (direttore F. Rizzi)
L'altra mostra «Il futuro di Galileo» , in corso a Padova fino al 14 giugno al Centro Culturale Altinate/San Gaetano, è dedicata alla modernità, all'innovazione e alla capacità di guardare al futuro dello scienziato. Orari: 9-19, dal martedì alla domenica. Il biglietto costa 8 euro, info: 049 2010010
Trecento pezzi in otto grandi sale. Perfino gli antichi soffitti di palazzo Strozzi sono stati colorati, rivestiti, per per fare intravedere, di colpo, il linguaggio del cielo. Trecento pezzi, oltre alle postazioni multimediali, per addentrarsi nelle più remote suggestioni degli uomini: l'amore, la paura dell'infinito.
La mostra che suggella il quarto centenario delle scoperte rivoluzionarie di Galileo Galilei ha richiesto due anni d'impegno da parte degli studiosi che Paolo Galluzzi, accademico dei Lincei, ha guidato con lo scopo di realizzare non tanto la celebrazione di un genio italiano, quanto di far intendere la cesura che agli inizi del Seicento si ebbe nel mondo della scienza e, dunque, nella vita degli uomini.
Esisteva il rischio di esporre soltanto reliquie galileiane proverbiali: il primo cannocchiale, appunti, ritratti che rievocano la celeberrima condanna per eresia, il salvataggio, la dimora dell'esilio, perfino l'autentico pezzetto di scheletro, l'osso di un dito. Ma il pericolo di una banale agiografia è stato evitato. La mostra è un viaggio (con l'accompagnamento della musica celeste che gli antichi a lungo attribuirono al movimento degli astri) nel rapporto tra uomo e cielo di cui Galileo è solo l'ultimo atto. Ecco dunque come, dai tentativi di interpretare la disposizione dei corpi celesti quale magico, diretto fattore di carattere di ciascun individuo malinconico, flemmatico o rabbioso, si sia passati all'osservazione del cosmo, al ragionamento geometrico che è base delle scienze attuali.
La prima sezione (con papiri, manoscritti e tavolette) risale agli albori dell'astronomia: Mesopotamia, Egitto. Nella seconda e nella terza si semplifica il pensiero greco ed ellenista: Platone, Aristotele, Pitagora, Tolomeo. Poi si individuano le forme del pensiero cristiano, islamico, e si arriva alla rinascita dell'astronomia con Copernico e Tycho Brahe. Fino a che non arriva Galileo che, dando le consegne a Keplero e Newton, apre alla Scienza vera e propria.
I pezzi della mostra testimoniano inoltre, con coerenza, come il cielo abbia parlato all'arte. Ecco, tra Centauri e cigni simbolici, l'Atlante Farnese, splendida statua greca portata a Roma nel 1562. Il vecchio Atlante ha sulle spalle il globo celeste con tanto di equatore, zodiaco e tutte le costellazioni. A tale capolavoro si accostano come rarità le tavolette babilonesi che rispecchiavano diari astronomici, solstizi, equinozi. E poi il globo d'argento del II secolo che in superficie squaderna le 48 costellazioni di Tolomeo. L'arazzo di Toledo è un astrolabio di stoffa variopinta che ha al centro la sfera celeste e attorno meravigliose fantasie di costellazioni. Di Botticelli è esposto un Sant'Agostino; di Rubens, un feroce Saturno. E poi un Atlante del Guercino, una Melanconia di Durer, un'Allegoria dell'aria e del fuoco firmata da Bruegel il vecchio.
Ed eccolo, infine, il simbolo e il fulcro di questa mostra e dell'anno galileiano: il cannocchiale che lo scienziato realizzò per il Granduca Cosimo II, legno, pelle, decorazioni in foglia d'oro, piccolo diaframma, bariletto per le lenti. E, accanto, il suo primo «figlio»: un suggestivo acquerello autografo della Luna, la prima fedele riproduzione dell'immagine catturata finalmente grazie allo strumento appena inventato.
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