Il segreto dei Della Robbia

l’Unità 28.2.09
Il segreto dei Della Robbia
Luca, Andrea, Giovanni e Girolamo
Omaggio toscano alla famiglia delle ceramiche «glassate»
di Renato Barilli

Arezzo. È nozione alquanto scolastica e abusata che la Firenze del primo Quattrocento, nella scultura, abbia visto lo scontro tra Donatello (1386-1466), con le sue creazioni aspre, arrembanti, vivacissime, e invece Luca Della Robbia (1400-1482), calmo, pacioso, tranquillizzante. Non che ci fosse un dissidio personale tra i due, anzi, il più giovane crebbe forse alla scuola dell’altro, e anche di quella del Ghiberti e del Brunelleschi, come attesta una mostra scrupolosa ora allestita a Lucca, i cui primi pezzi vedono appunto una collaborazione tra Luca e i suoi maggiori. Ma certi luoghi comuni, anche se sono tali, nondimeno risultano puntualmente verificabili. Proprio tra le prime opere esposte a Lucca c’è una Madonna col Bambino, di non sicura attribuzione a Donatello, sul cui conto però non ci sarebbe da dubitare. Le mani della Madonna si allungano adunche a cingere con stretta possessiva il figlio, che leva il visino in alto aprendo la boccuccia, abbozzando una smorfia che già anticipa i grafismi duri e dolenti del Mantegna. E il manto della Madonna asseconda queste tensioni scattanti descrivendo pieghe contorte. Si veda, sempre di Donatello, La creazione di Eva, in cui il corpo della prima donna attraversa la formella tracciandovi un’obliqua tesa come una lacerazione. Al confronto, Luca viene per smorzare quegli impeti, immobilizzando le figure al centro della composizione, e disegnandone i volti quasi col compasso, in tante versioni statiche, «centriche», gonfie, paffute. Si potrebbe dire, in termini odierni, che Donatello sceglie per sé l’anoressia, mentre il Della Robbia appare favorevole alla bulimia. Ma poi scatta il ben noto segreto tecnico di Luca, che stava nell’invetriare le ceramiche, cioè nel glassarle con un’epidermide lucida, riflettente, inossidabile, quasi in anticipo su certe caratteristiche dei materiali plastici di sintesi dei nostri tempi, con cui gli artisti rendono le immagini «più vere del vero».
GRAZIE ORNAMENTALI
Si pensi alle nature morte di Piero Gilardi, o ai personaggi rifatti a grandezza naturale da Dwane Hanson. Per di più, quelle ceramiche invetriate erano capaci di assorbire e restituire avidamente il colore, certi azzurro cobalto intensi, oppure il giallo dei fiori, il dorato delle aureole, il verde delle piante. E dunque, quello che Luca perdeva nelle sue immagini a livello di carica energetica, di espressione tesa e drammatica, lo acquistava a livello di grazie ornamentali, correndo in avanti fino a rasentare gli esiti che nel Novecento avrebbe conseguito l’Art Déco. A un certo punto, Luca passò la mano a una schiera di discendenti, il nipote Andrea, e i figli di lui, tra i quali si distinsero Giovanni e Girolamo, tutti ben documentati in mostra, ma via via più sterotipati, sempre più lontani dagli ideali intensi degli inizi del secolo. Con la curiosa conseguenza che, pur ormai assestati su una routine così conformista, parteggiarono per la causa del Savonarola, ma forse nel nome di un medesimo culto del tempo antico.
I Della Robbia. Il dialogo tra le arti nel Rinascimento A cura di G. Gentilini
Arezzo, Museo statale d’arte medievale e moderna Fino al 7 giugno - Catalogo: Skira

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