Canova

La Repubblica 23.1.09
Da domenica il grande omaggio di Forlì
Canova
di Antonio Pinelli

La rassegna nei Musei di San Domenico presenta 160 tra marmi, gessi, bassorilievi, bozzetti, dipinti del maestro insieme ad alcune opere a cui l’artista si ispirò

Arriva Canova, con tutto il suo carico di splendori e raffinatezze, di meraviglie papaline e di guerre napoleoniche, di marmi di Carrara dal bianco candore. E´ Canova (1757-1822) il protagonista di una fondamentale rassegna che si tiene a Forlì, una ricerca intorno a questo scultore che ebbe una influenza determinante su tutta la cultura artistica dell´Ottocento italiano e non solo, precorrendo il movimento romantico con lo splendore e la levigatezza dei suoi marmi, dei soggetti da lui scelti, della grazia e della morbidezza con cui venivano trattati. Quasi tutto questo avvenne in Roma, intorno al suo studio, nei pressi dell´ospedale San Giacomo, a quel tempo centro di una nuova e coerente teorizzazione classicista. Ma oggi siamo a Forlì, nelle Romagne: furono luoghi fondamentali per Canova ed egualmente per il neoclassicismo in pittura e scultura e la mostra che è stata appena allestita proprio in questa città non a caso si intitola Canova, l´ideale classico tra scultura e pittura.
Ribalta, se ancor ve ne fosse bisogno, i giudizi negativi che furono espressi contro questo artista che ha avuto un declino della sua fortuna a causa di giudizi negativi come quelli che furono espressi nel 1945 da Roberto Longhi. E´ trascorso più di mezzo secolo e la rassegna che si tiene a Forlì nei Musei di San Domenico dal 25 gennaio al 21 giugno, non solo narra la storia di una conversione della critica, ma segna la definitiva e inappellabile consacrazione dell´artista veneto al soglio del cosmopolitismo del suo tempo, modello di eccellenza internazionale da Roma a San Pietroburgo, dagli Stati Uniti a Londra e Parigi.
La mostra odierna è finanziata dalla Cassa di Risparmio di Forlì e curata da Antonio Paolucci, Ferdinando Mazzocca e Sergey Androssov. Ed è l´esposizione più completa dedicata a Canova, alla scoperta della sua estrema finitezza tecnica e formale, e del suo tempo, esposizione comparabile a quella, memorabile, del 1992 di Venezia. Questa è ricca di 160 opere, marmi, gessi, bassorilievi, bozzetti, offre la novità assoluta di una collezione fra sculture dell´antichità classica o dipinti di grandi geni come Raffaello ai quali l´artista si ispirò vivendo a Roma. Sono esposte inoltre opere di maestri a lui contemporanei. Parliamo di Hayez e di artisti considerati minori come Gaspare Landi o Pompeo Marchesi.
Ispiratori, seguaci, confratelli. Perché una simile rassegna proprio a Forlì? Perché Forlì è un luogo canoviano e con Forlì le Romagne parlano di neoclassicismo. Per la città Canova creò tre capolavori: una versione della Ebe realizzata fra il 1816 e il 1817 su committenza della contessa Vittoria Guarini e ceduta dai suoi eredi ai musei cittadini, poi la Danzatrice con il dito sul mento voluta dal conte faentino Domenico Manzoni, aristocratico, banchiere filo francese assassinato a coltellate mentre si recava a teatro. Se la Danzatrice è purtroppo, per ora, dispersa, resta però nella chiesa della Santissima Trinità la sublime Stele Funeraria ispirata a quelle attiche e dedicata al Manzoni stesso dopo l´omicidio. Il curioso e instancabile cronista di cose, fatti e misfatti che fu Sthendal, ci dice: «en arrivant a Rome c´est aupres du tombeaux des Stuart qu´il faut venir essayer si l´ont tient du hasard un coeur fait pour sentir la sculpture» (giunti a Roma, è presso le tombe degli Stuart che è opportuno recarsi per scoprire se si abbia per caso un cuore fatto per comprendere la scultura). Non c´è alcuna necessità di arrivare a Roma, il cenotafio Manzoni esprime e riassume, capolavoro di bellezza e semplicità, il rapporto che Canova aveva con il tema della morte.
La rassegna segue un percorso tematico. Nella stanza dedicata alla Ebe, l´opera commissionata dalla Guarini si confronta con quella di Pietroburgo, appartenuta all´Imperatrice Giuseppina e, come quasi tutti i pezzi della sua collezione, acquistata dall´imperatore Alessandro I. E´ un paragone stimolante. La Ebe di Giuseppina infatti è raffigurata in volo su una nuvola. E´ audace quindi esporle accanto il celeberrimo Mercurio alato di Giambologna, uno dei capolavori della scultura rinascimentale. E per capire ancora meglio il senso della mostra, la prima e la seconda Ebe sono collocate in sequenza con due gioielli della scultura antica, l´Arianna con la Pantera del museo Archeologico di Firenze e la Danzatrice di Tivoli. Nella stessa stanza le pareti ospitano dipinti sul medesimo soggetto, prediletto dai pittori neoclassici stranieri come Reynolds, Romney, West, Hamilton, Vigée Lebrun o italiani come Pellegrini, Landi e Lampi. L´Amore e Psiche che viene dall´Ermitage è affiancato da opere di Gaspare Landi, Angelica Kaufmann, Francesco Hayez e Felice Giani sullo stesso tema. Se Hayez si può considerare il Canova della pittura, Felice Giani fu il più solerte diffusore del verbo neoclassico in Emilia Romagna - basti pensare agli affreschi di Palazzo Laderchi, di Palazzo Manzoni o di Palazzo Pasolini dall´Onda di Faenza e a innumerevoli schizzi, bozzetti, dipinti e disegni che ci sono rimasti.
I curatori della rassegna hanno recuperato anche diverse opere inedite, per esempio una sconosciuta versione del busto di Cimarosa leggermente diversa da quella oggi ai Musei Capitolini, ordinata a Canova dal segretario di Stato di Pio VII, il Cardinal Consalvi, colto e appassionato ammiratore del musicista napoletano. Del resto Consalvi tanto stimava Canova che lo fece Ispettore delle Belle Arti. E subito dopo il congresso di Vienna lo mandò a Parigi a recuperare le opere d´arte trafugate dai francesi negli Stati pontifici. Il soggiorno parigino fu faticosissimo, e poco invidiabile il testa a testa con Vivant Denon, allora avido direttore del Louvre. Ma da Parigi Canova si recò direttamente a Londra. Aveva, lui figlio di uno scalpellino e di scarsissima istruzione, imparato l´inglese (esiste un piccolo manualetto delle sue lezioni). Se i Napoleonidi erano finiti, gli Hannover regnavano, e con loro una ricca aristocrazia britannica. E Londra gli diede anche l´occasione di studiare i cosiddetti «Elgin Marbles»che altro non erano se non le metope del Partenone di Fidia che lo entusiasmarono. E così il nuovo Fidia, il nuovo Raffaello, creò altri capolavori.
A Forlì sono anche ospitate, e si possono vedere per la prima volta, le tempere finalmente restaurate di Bassano del Grappa: le celebri e sconosciute Danzatrici che furono l´ispirazione per quelle realizzate da Hayez per il Palazzo Reale di Venezia.
Il catalogo della Silvana editrice si avvale anche dell´opera validissima di una vera e propria squadra di giovani ricercatori agguerriti e compatti che hanno prodotto saggi e schede a volte fondamentali e sono Francesco Leone, Stefano Grandesso, Gabriele Dodati e Alessandra Imbellone.

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