Stop all’Europeana, il superprogetto di Bruxelles per la cultura dell'Unione

Stop all’Europeana, il superprogetto di Bruxelles per la cultura dell'Unione
Marco Zatterin
La Stampa 22/11/2008

La biblioteca virtuale chiude dopo 24 ore
Doveva diventare l’alternativa a Google
E’ crollata sotto il peso di troppi visitatori il sito rimarrà chiuso fino a metà dicembre
Bruxelles si difende: «Segno di successo»

«Europeana è temporaneamente fuori servizio sino a metà di dicembre». L’ha stesa una sbornia da troppo successo, i dieci milioni di click all’ora che giovedì si sono rovesciati sulla prima grande biblioteca virtuale europea, all’indirizzo www.europeana.eu. L’involontaria contraddizione che appare sullo schermo a chi tenti di accendervi ora - frutto del desiderio di fare in fretta a rimettere tutto a posto e della consapevolezza che la terapia informatica non sarà breve segnala un collasso inatteso che Bruxelles si sforza di vendere come un risultato da incorniciare. «Vuol dire che c’è un grande interesse per il sito», dice convinto un portavoce della Commissione Ue, madrina dell’iniziativa. In realtà è una figuraccia che solo il tempo, e una maggiore efficienza, potranno cancellare. Gli esperti avevano previsto che i contatti sarebbero stati al massimo 5 milioni, cifra del tutto rilevante di questi tempi per un progetto culturale. Nel pomeriggio si è arrivati a 13 milioni e alcune icone sono state cliccate quattromila volte nello stesso istante. Tilt! Il sito ha cominciato a bloccarsi. Prima per qualche minuto, quindi per ore intere. Poi più nulla. I tre server che all’Aia fanno girare i 2 milioni di libri, manoscritti, dipinti, cartine, fotografie, documenti audio, sono stati spenti. Chiusi «per troppo interesse». Meglio, comunque, che andare deserti, salvo che questo è il genere di cose che uno si aspetta funzionino come orologi tedeschi. La Commissione Europea ora sottolinea l’aspetto più confortante dell’incidente, cioè che la conoscenza su Internet è un genere appetito. Resta da capire perché il soggetto più richiesto sia stata la Gioconda, dipinto celeberrimo e noto ai più. Grande affluenza per i simboli della letteratura continentale, Franz Kafka, Miguel Cervantes e James Joyce. Erano i tentativi di prova, sottolinea- no le fonti di Bruxelles, «l’approfondimento sarebbe venuto in seguito se ci fosse stata l’occasione». C’è chi parla di un virus che ha generato contatti simultanei, ma non ci sono prove. Europeana - che fra l’altro è il titolo di un discusso interessante quanto controverso dell’eclettico scrittore ceco Patrik Ourednik - è la risposta comunitaria al progetto di digitalizzazione di libri messo in piedi da Google. L’obiettivo è diffondere il sapere digitale mettendo a disposizione opere letterarie come «La Divina Commedia» di Dante, riproduzioni di dipinti come «La ragazza con l’orecchino di perla» dell’olandese Jan Vermeer, documenti storici come la Magna Carta, registrazioni o manoscritti di Beethoven o Mozart, o ancora le immagini della caduta del muro di Berlino. La Francia ha fornito la metà dei contenuti, sfruttando la banca dati già resa disponibile negli archivi transalpini. Gli altri paesi si sono accodati in fretta, sottoscrivendo l’impegno di arrivare a 10 milioni di «item» fra due anni. «Non è esatto che vogliamo competere con Google», tiene a precisare Jill Cugini, un funzionario della fondazione che gestisce il progetto. Sarà. Per costruire Europeana sono stati comunque investiti 350 milioni di euro, somma ingente eppure insufficiente. Servono altri fondi. «Ci piacerebbe anche un sostegno da parte del settore privato», confessano a Bruxelles. Perché accada bisognerà che il sito funzioni, così occorrerà attendere Natale. Nell’attesa, non resta che dilettarsi a studiare la lista dei cercatori di cultura online che hanno fatto in tempo ad accedervi. Giovedì 20 novembre il 17% dei click è arrivato dalla Germania, il 10% dalla Francia, e il 6% dall’Italia (che per adesso offre appena l’l% dei contenuti). Il 4% dei visitatori è stato americano. Un numero che sarebbe stato certamente più alto se il blackout non si fosse verificato quando a San Francisco era ancora mattina. Inutile ogni sforzo. La tecnologia, ancora una volta, ha gabbato il mago.

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