Settis contro Canfora: «Non è un falso»

Settis contro Canfora: «Non è un falso»
S.L.
Il Tirreno 16/11/2008

ROMA. Il Papiro di Artemidoro «non è un falso». Dopo le polemiche con Luciano Canfora, convinto dalla prima ora che si tratti del lavoro di un calligrafo greco della metà dell’Ottocento, ma soprattutto dopo la pubblicazione della corposa Edizione del testo, Salvatore Settis affida ad un nuovo libro le sue considerazioni sulla autenticità del reperto acquistato nel 2004 per 2,7 milioni di euro dalla Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo e poi affidato al Museo Egizio di Torino. In libreria dalla prossima settimana, “Artemidoro. Un papiro dal I secolo al XXI” (Einaudi, pp. 124, euro 26) è in realtà, con qualche ampliamento e ritocco, il testo della conferenza che il direttore della Normale tenne a marzo del 2008 a Berlino in apertura della mostra dedicata al Papiro, al centro da mesi di una animata querelle tra gli studiosi. All’epoca della conferenza, sottolinea Settis, era stata appena pubblicata l’Edizione del Papiro, firmata da lui insieme con Claudio Gallazzi e Barbel Kramer. E proprio questo lavoro ha permesso di trarre alcune conclusioni. A sostegno della autenticità del Papiro, lo studioso riporta prima di tutto le analisi chimiche e fisiche del documento, che circoscrivono all’ambito di un secolo, il I dopo Cristo la vita «attiva» del Papiro. In particolare, il test al carbonio 14 colloca con una approssimazione del 95,4% tra il 40 avanti Cristo ed il 130 dopo Cristo la fabbricazione del papiro bianco. Ma anche gli inchiostri vegetali usati per il testo scritto e per i disegni risultano di età greco-romana e l’analisi fisica del papiro, così come le indagini al microscopio, dimostrano secondo Settis che tutto quello che c’è sopra, quindi il testo ma anche i disegni e le mappe (la straordinarietà del Papiro di Artemidoro è legata per molti versi proprio alla presenza di quella che potrebbe essere la carta geografica più antica del mondo classico) è circoscrivibile nell’ambito del I secolo dopo Cristo. Per confutare l’attribuzione fatta da Canfora al falsario ottocentesco Costantino Simonidis, Settis sottolinea tra l’altro la citazione della città di Ipsa, che, spiega, non è citata da nessuna fonte letteraria antica e si ritrova invece per la prima volta su alcune monete del I sec. d.C., scoperte in Portogallo nel 1986, molto dopo quindi la morte di Simonidis. Ma questo è solo un esempio, perché nella lunga relazione, Settis confuta una per una le obiezioni mosse dal grecista Canfora (che definisce «impaziente», per sottolineare il fatto che abbia parlato prima che venisse pubblicata l’Edizione del testo). Approntato al principio del I secolo, secondo l’ipotesi di Settis, il Papiro ebbe almeno tre vite. Nella prima (inizio del I sec) venne scritto il testo, copiandolo dall’opera del geografo Artemidoro. Poi, attraverso varie fasi, nel 100 d.C, il papiro, che ormai era diventato carta da macero, venne riusato, insieme ad altri 25, forse per imbottire una piccola mummia. Il libro finisce con una elencazione dei problemi e dei temi aperti. «Pubblicare un papiro di tanto interesse e tanta complessità non è stata e non poteva essere un’impresa facile», sottolinea Settis. Che conclude: «la nostra speranza, nel licenziare l’editio princeps non è che essa “chiuda” i problemi, ma al contrario che apra una discussione scientifica basata sui dati». Il riferimento a Canfora, molto citato anche nel post scriptum, sembra chiaro.

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