La scoperta dei fiori e del paesaggio leonardesco

La scoperta dei fiori e del paesaggio leonardesco
MERCOLEDÌ, 19 NOVEMBRE 2008 LA REPUBBLICA

Il recupero è stato curato da Marco Ciatti e Patrizia Riitano ed è durato otto anni

Dopo dieci anni passati all´Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dove è stata analizzata e studiata con accurate indagini scientifiche prima di essere sottoposta ad un millimetrico intervento di restauro, la Madonna del cardellino di Raffaello, una delle opere del maestro urbinate più conosciute e riprodotte, verrà esposta al pubblico a Palazzo Medici Riccardi dal 23 novembre al 1 marzo 2009. Un evento che susciterà sorpresa tra i tanti che hanno ammirato il quadro alla Galleria degli Uffizi, da sempre coperto da una patina scura di vernici. Perché la rivedranno piena di luce e colori, con dettagli tornati leggibili sullo sfondo del paesaggio leonardesco, compresi i piccoli mazzetti di fiori ai piedi della Madonna, del Bambino e San Giovannino.
Una metamorfosi e un recupero della superficie pittorica realizzati nel laboratorio dell´Opificio sotto la direzione di Marco Ciatti, con l´intervento della restauratrice Patrizia Riitano, che per otto anni ha lavorato sul dipinto, sottraendo millimetro per millimetro, strati di patine e vernici giallastre.
«Si è trattato di una pulitura selettiva e non invasiva fatta costantemente al microscopio - spiega Ciatti - che ha permesso di ritrovare lo strato di Raffaello, la sua bella patina. Solo successivamente siamo passati all´intervento di ridipintura, per riarmonizzare le varie parti». La tavola, dipinta dall´artista di Urbino durante la sua permanenza a Firenze (1504-1508) su commissione dell´amico e ricco mercante Lorenzo Nasi intorno al 1505, è stata sottoposta prima ancora ad un sofisticato intervento di risanamento ligneo, poiché nel 1547 fu danneggiata e ridotta in frammenti nel rovinoso crollo per lo smottamento della collina di San Giorgio, dove si trovava appunto la casa del mercante Lorenzo Nasi, che l´aveva collocata a capoletto.
Recuperata da Ridolfo del Ghirlandaio, dopo questo primo restauro cinquecentesco che ne ricompose i pezzi e la pittura, la tavola subì pesanti verniciature, due delle quali nell´800.
Il progetto di conservazione dell´Opificio ha permesso innanzitutto il recupero della parte lignea, dopo di che la restauratrice Patrizia Riitano ha lavorato per assottigliare le ridipinture e recuperare la policromia di Raffaello, togliendo le aggiunte che via via evidenziavano perdite di colore lungo le parti danneggiate. Infine il recupero «con piccole pennellate per ricoprire le lacune della superficie pittorica - racconta Riitano -ma si è trattato di un intervento reversibile, che può essere tolto in un quarto d´ora da un restauratore». Leggibilità e integrità sono così state recuperate completamente. Tanto da lasciare stupiti. E chissà se l´intervento farà discutere gli esperti di storia dell´arte. «Quello che è stato cancellato - osserva Ciatti - è solo il sovrappiù, i depositi del tempo. Con l´attenzione, la sensibilità e la professionalità che caratterizzano da sempre la tradizione e gli interventi dell´Opificio delle Pietre Dure». Dopo la mostra a Palazzo Medici Riccardi, il capolavoro sarà ricollocato agli Uffizi. «E da qui non uscirà mai più», assicura la soprintendente Cristina Acidini.

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