Tarquinia. Ricostruito il Tempio di Apollo
La Repubblica Roma 10.10.08
Al Palazzo delle Esposizioni la grande mostra a cura di Mario Torelli e Anna Maria Moretti
Appuntamento martedì 21 ottobre con i capolavori da Veio, Cerveteri, Vulci e Tarquinia. Ricostruito il Tempio di Apollo
Le metropoli etrusche
di Carlo Alberto Bucci
Nell´ottagono di Piacentini che al palazzo delle Esposizioni evoca il Pantheon di Roma, sta prendendo forma il tempio di Portonaccio a Veio. Lo stanno realizzando gli scenografi in vista dell´apertura, il 21 ottobre, della grande mostra "Etruschi, le antiche metropoli del Lazio". Il tempio è di cartapesta. Ma non si tratta delle prove generali per il parco a tema sulla romanità (archeologia virtuale e d´intrattenimento nella città che trabocca di antichità vere). Bensì della ricostruzione filologica, uno a uno, di parte dell´edificio, del VI secolo a. C., che sintetizza al meglio la peculiarità artistica di Veio, la coroplastica. Furono infatti plasmate nell´argilla le figure di Apollo, di Eracle e di Latona, condivise dagli etruschi, dai greci e dai romani. E i tre capolavori in terracotta policroma del museo di Valle Giulia, forse realizzati dallo stesso maestro cui Tarquinio il Superbo commissionò la quadriga in cima al tempio di Giove Capitolino, saranno esposti all´ingresso della mostra. Ma per terra perché saranno le copie delle tre divinità a salire sul tetto del tempio tuscanico.
Neanche il Mediterraneo riuscì a tenere separati i popoli che vi s´affacciavano. Tantomeno il Tevere fu un limite al confronto, in pace come in guerra, tra gli Etruschi, i Latini, i Sabini e gli Umbri. Ed è un fiume ricco di contaminazioni - e carico di importanti di riflessioni intrecciate tra aspetti culturali e cultuali, economici ed estetici - il percorso espositivo ideato da Mario Torelli (autore del progetto scientifico) e da Anna Maria Moretti (fino al 6 gennaio, biglietto 12,50 euro, ma il martedì 9 per i cittadini del Lazio). Una mostra promossa dalla Regione Lazio per raccontare le grandi città dell´Etruria meridionale: Veio, Cerveteri, Vulci e Tarquinia, ma nel loro rapporto, di amore e odio, con la metropoli nascente, Roma. E sono questi gli elementi caratterizzanti l´esposizione romana rispetto a quella veneziana, altrettanto grande, del 2001 a Palazzo Grassi.
Se Veio fu la perla nell´arte della terracotta policroma, Cerveteri - scomparsa l´architettura civile - è grande per la sua città dei morti scavata nel tufo: e la mostra proporrà la ricostruzione «di una delle più singolari realizzazione di questa architettura funeraria», spiega il professor Torelli, la stanza che ha dato il nome alla tomba delle Cinque sedie. Legata a Cerveteri per l´esibizione del lusso e della cultura proveniente dalla Grecia (e lo sfarzo ellenistico è documentato in mostra da monili, gioielli, metalli preziosi per le cerimonie delle nozze e del simposio) è Vulci la cui peculiarità fu però la scultura monumentale (come la "Testa di leone ruggente" che arriva da Berlino) scavata nel duro tufo locale, il nefro.
Infine Tarquinia, il regno della pittura. Dall´area sacra di Gravisca arrivano decine di ex voto che narrano dei riti di morte e resurrezione di Adone, il giovane amato e straziato da Afrodite, poi venerato dalle prostitute. Spazio anche agli affreschi, con scene di banchetto, strappati all´inizio del �900 dalla tomba di Tarantola: sparirono dopo il disastro dell´alluvione di Firenze ed è la prima volta che vengono proposti in pubblico (né mai sono stati fotografati), per di più nella disposizione originaria. Opera fondamentale per raccontare la monarchia etrusca che regnò sui sette colli - tema finale della mostra - è la tomba François da Vulci. Gli organizzatori avevano chiesto ai proprietari il prestito del ciclo con le storie di Mastarna (così gli etruschi chiamavano Servio Tullio) e dei due Vibenna. Ma i Torlonia non hanno neanche risposto alla lettera. E così sarà la ricostruzione virtuale (schermi/pareti con immagini proiettate sul retro) a portare il pubblico tra le storie e i fasti della Roma etruschizzata.
Al Palazzo delle Esposizioni la grande mostra a cura di Mario Torelli e Anna Maria Moretti
Appuntamento martedì 21 ottobre con i capolavori da Veio, Cerveteri, Vulci e Tarquinia. Ricostruito il Tempio di Apollo
Le metropoli etrusche
di Carlo Alberto Bucci
Nell´ottagono di Piacentini che al palazzo delle Esposizioni evoca il Pantheon di Roma, sta prendendo forma il tempio di Portonaccio a Veio. Lo stanno realizzando gli scenografi in vista dell´apertura, il 21 ottobre, della grande mostra "Etruschi, le antiche metropoli del Lazio". Il tempio è di cartapesta. Ma non si tratta delle prove generali per il parco a tema sulla romanità (archeologia virtuale e d´intrattenimento nella città che trabocca di antichità vere). Bensì della ricostruzione filologica, uno a uno, di parte dell´edificio, del VI secolo a. C., che sintetizza al meglio la peculiarità artistica di Veio, la coroplastica. Furono infatti plasmate nell´argilla le figure di Apollo, di Eracle e di Latona, condivise dagli etruschi, dai greci e dai romani. E i tre capolavori in terracotta policroma del museo di Valle Giulia, forse realizzati dallo stesso maestro cui Tarquinio il Superbo commissionò la quadriga in cima al tempio di Giove Capitolino, saranno esposti all´ingresso della mostra. Ma per terra perché saranno le copie delle tre divinità a salire sul tetto del tempio tuscanico.
Neanche il Mediterraneo riuscì a tenere separati i popoli che vi s´affacciavano. Tantomeno il Tevere fu un limite al confronto, in pace come in guerra, tra gli Etruschi, i Latini, i Sabini e gli Umbri. Ed è un fiume ricco di contaminazioni - e carico di importanti di riflessioni intrecciate tra aspetti culturali e cultuali, economici ed estetici - il percorso espositivo ideato da Mario Torelli (autore del progetto scientifico) e da Anna Maria Moretti (fino al 6 gennaio, biglietto 12,50 euro, ma il martedì 9 per i cittadini del Lazio). Una mostra promossa dalla Regione Lazio per raccontare le grandi città dell´Etruria meridionale: Veio, Cerveteri, Vulci e Tarquinia, ma nel loro rapporto, di amore e odio, con la metropoli nascente, Roma. E sono questi gli elementi caratterizzanti l´esposizione romana rispetto a quella veneziana, altrettanto grande, del 2001 a Palazzo Grassi.
Se Veio fu la perla nell´arte della terracotta policroma, Cerveteri - scomparsa l´architettura civile - è grande per la sua città dei morti scavata nel tufo: e la mostra proporrà la ricostruzione «di una delle più singolari realizzazione di questa architettura funeraria», spiega il professor Torelli, la stanza che ha dato il nome alla tomba delle Cinque sedie. Legata a Cerveteri per l´esibizione del lusso e della cultura proveniente dalla Grecia (e lo sfarzo ellenistico è documentato in mostra da monili, gioielli, metalli preziosi per le cerimonie delle nozze e del simposio) è Vulci la cui peculiarità fu però la scultura monumentale (come la "Testa di leone ruggente" che arriva da Berlino) scavata nel duro tufo locale, il nefro.
Infine Tarquinia, il regno della pittura. Dall´area sacra di Gravisca arrivano decine di ex voto che narrano dei riti di morte e resurrezione di Adone, il giovane amato e straziato da Afrodite, poi venerato dalle prostitute. Spazio anche agli affreschi, con scene di banchetto, strappati all´inizio del �900 dalla tomba di Tarantola: sparirono dopo il disastro dell´alluvione di Firenze ed è la prima volta che vengono proposti in pubblico (né mai sono stati fotografati), per di più nella disposizione originaria. Opera fondamentale per raccontare la monarchia etrusca che regnò sui sette colli - tema finale della mostra - è la tomba François da Vulci. Gli organizzatori avevano chiesto ai proprietari il prestito del ciclo con le storie di Mastarna (così gli etruschi chiamavano Servio Tullio) e dei due Vibenna. Ma i Torlonia non hanno neanche risposto alla lettera. E così sarà la ricostruzione virtuale (schermi/pareti con immagini proiettate sul retro) a portare il pubblico tra le storie e i fasti della Roma etruschizzata.
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