La Terra dei ghiacci torna verde
La Terra dei ghiacci torna verde
Il Messaggero del 3 ottobre 2008, pag. 19
di Riccardo De Palo
I primi vichinghi che la colonizzarono - alla fine del primo millennio dopo Cristo - la chiamarono "terra verde" perché d’estate, a quel tempo, era ricoperta di prati e di alberi come la Norvegia. Oggi la Groenlandia è una terra inospitale e sommersa dai ghiacci per buona parte dell’anno. Ma qualcosa, grazie al surriscaldamento globale, sta cambiando. Lo spesso strato gelato che la ricopre da secoli comincia a scomparire. Le balene, le foche e gli uccelli tradizionalmente cacciati dagli Inuit cambiano rotta, in cerca di climi più freddi. Ma, paradossalmente, sarà proprio grazie a questo rivolgimento epocale che, il prossimo 25 novembre i 57 mila abitanti dell’isola più grande del mondo potranno votare senza timori la propria indipendenza dalla Danimarca.
«Finora - spiega Alega Hammond, ministro groenlandese delle Finanze e degli Esteri - abbiamo rinunciato alla sovranità per ragioni economiche». Il Paese, infatti, dipende totalmente dagli aiuti di Copenaghen, che ogni anno versa nelle casse di Nuuk - la capitale - l’equivalente di 400 milioni di curo l’anno. E anche le derrate alimentari, in primis frutta e verdura fresca, sono sempre arrivate via mare da qualche Paese lontano.
Oggi questo popolo antico abituato a pescare tra i ghiacci e a correre su slitte trainate da cani ha capito che il surriscaldamento globale è un vero guaio che comporterà l’abbandono di tante sue tradizioni. Ma i pescatori hanno appena scoperto che banchi di merluzzi abituati a nuotare in acque ben più calde di queste cominciano a popolare le coste meridionali dell’isola. I negozi della capitale iniziano a offrire patate e broccoli di produzione locale, miracolosamente forniti da campi dove un tempo crescevano - si fa per dire soltanto gli igloo.
La sorpresa più grande è stata la ricchezza del sottosuolo, delle aree finalmente sgombre dai ghiacciai. Vicino alla città di Uummannaq, sono state scoperte miniere di piombo e di zinco. Specialisti nelle prospezioni di oro e diamanti hanno invaso il Sud dell’isola. La compagnia Alcoa sta per costruire un grande impianto per l’estrazione di alluminio. E, ciliegina sulla torta, i prezzi di queste materie prime stanno crescendo in maniera rilevante e su scala globale. Quando anche il restante ottanta per cento del territorio sarà (se lo sarà) disponibile per le ricerche minerarie, le casse del nuovo Stato potranno godere di entrate ingenti e ininterrotte.
Più in là, sotto le acque dell’Atlantico lasciate libere dai ghiacci, ci si aspettano sorprese ancora più ghiotte. L’Istituto geologico americano stima che al largo delle coste nordoccidentali della Groenlandia si trovino 31 miliardi di barili di petrolio e di gas non ancora scoperti. E da Ovest, tra le acque che dividono l’isola dal Canada, potrebbero arrivare altri miliardi di barili. Alcune multinazionali, Exxon e Chevron in testa, stanno già effettuando prospezioni petrolifere.
In novembre, il referendum sarà solo una formalità. Il piano che porrà porre fine alla sovranità "limitata" in vigore dal 1978, dovrebbe garantire al governo locale 16 milioni di dollari di entrate grazie ai giacimenti di petrolio e di minerali. Quando i proventi cresceranno, saranno divisi in parti uguali tra Danimarca e Groenlandia, fino al giorno in cui i sussidi dì Copenaghen non saranno più necessari. E Nuuk, la città del "Senso di Smilla per la neve" diventerà la capitale di uno Stato indipendente, sette volte più grande dell’Italia.
Il Messaggero del 3 ottobre 2008, pag. 19
di Riccardo De Palo
I primi vichinghi che la colonizzarono - alla fine del primo millennio dopo Cristo - la chiamarono "terra verde" perché d’estate, a quel tempo, era ricoperta di prati e di alberi come la Norvegia. Oggi la Groenlandia è una terra inospitale e sommersa dai ghiacci per buona parte dell’anno. Ma qualcosa, grazie al surriscaldamento globale, sta cambiando. Lo spesso strato gelato che la ricopre da secoli comincia a scomparire. Le balene, le foche e gli uccelli tradizionalmente cacciati dagli Inuit cambiano rotta, in cerca di climi più freddi. Ma, paradossalmente, sarà proprio grazie a questo rivolgimento epocale che, il prossimo 25 novembre i 57 mila abitanti dell’isola più grande del mondo potranno votare senza timori la propria indipendenza dalla Danimarca.
«Finora - spiega Alega Hammond, ministro groenlandese delle Finanze e degli Esteri - abbiamo rinunciato alla sovranità per ragioni economiche». Il Paese, infatti, dipende totalmente dagli aiuti di Copenaghen, che ogni anno versa nelle casse di Nuuk - la capitale - l’equivalente di 400 milioni di curo l’anno. E anche le derrate alimentari, in primis frutta e verdura fresca, sono sempre arrivate via mare da qualche Paese lontano.
Oggi questo popolo antico abituato a pescare tra i ghiacci e a correre su slitte trainate da cani ha capito che il surriscaldamento globale è un vero guaio che comporterà l’abbandono di tante sue tradizioni. Ma i pescatori hanno appena scoperto che banchi di merluzzi abituati a nuotare in acque ben più calde di queste cominciano a popolare le coste meridionali dell’isola. I negozi della capitale iniziano a offrire patate e broccoli di produzione locale, miracolosamente forniti da campi dove un tempo crescevano - si fa per dire soltanto gli igloo.
La sorpresa più grande è stata la ricchezza del sottosuolo, delle aree finalmente sgombre dai ghiacciai. Vicino alla città di Uummannaq, sono state scoperte miniere di piombo e di zinco. Specialisti nelle prospezioni di oro e diamanti hanno invaso il Sud dell’isola. La compagnia Alcoa sta per costruire un grande impianto per l’estrazione di alluminio. E, ciliegina sulla torta, i prezzi di queste materie prime stanno crescendo in maniera rilevante e su scala globale. Quando anche il restante ottanta per cento del territorio sarà (se lo sarà) disponibile per le ricerche minerarie, le casse del nuovo Stato potranno godere di entrate ingenti e ininterrotte.
Più in là, sotto le acque dell’Atlantico lasciate libere dai ghiacci, ci si aspettano sorprese ancora più ghiotte. L’Istituto geologico americano stima che al largo delle coste nordoccidentali della Groenlandia si trovino 31 miliardi di barili di petrolio e di gas non ancora scoperti. E da Ovest, tra le acque che dividono l’isola dal Canada, potrebbero arrivare altri miliardi di barili. Alcune multinazionali, Exxon e Chevron in testa, stanno già effettuando prospezioni petrolifere.
In novembre, il referendum sarà solo una formalità. Il piano che porrà porre fine alla sovranità "limitata" in vigore dal 1978, dovrebbe garantire al governo locale 16 milioni di dollari di entrate grazie ai giacimenti di petrolio e di minerali. Quando i proventi cresceranno, saranno divisi in parti uguali tra Danimarca e Groenlandia, fino al giorno in cui i sussidi dì Copenaghen non saranno più necessari. E Nuuk, la città del "Senso di Smilla per la neve" diventerà la capitale di uno Stato indipendente, sette volte più grande dell’Italia.
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