Pantelleria Le piante di agrumi protette come nel 3000 avanti Cristo da edifici in pietra

Corriere della Sera 13.9.08
Pantelleria Le piante di agrumi protette come nel 3000 avanti Cristo da edifici in pietra
Il Fai riapre il giardino dei Sumeri
di Stefano Bucci

PANTELLERIA (TP) — Potrebbe essere il risultato (finalmente concreto) di una delle tante utopie messe in scena quest'anno da Aaron Beetsky nella sua Biennale dell'architettura di Venezia. Oppure uno dei primi effetti dell'appello per progetti sempre più ecosostenibili e autosufficienti lanciato da Jeremy Rifkin. Il Giardino Pantesco Donnafugata inaugurato ieri in Contrada Khamma, a Pantelleria, è invece il frutto (come la secolare pianta di arancio dolce che lo stesso giardino ospita) di un sogno che parte da molto lontano (la prima rappresentazione di questo edificio si ritrova su una tavoletta sumerica del 3000 a.C.) ma che guarda al futuro. A come, per esempio, si possa utilizzare un modello antico «per soddisfare oggi l'esigenza idrica in assenza di irrigazione e in situazioni climatiche di grande siccità» (qui la pioggia non cade da aprile). L'isola, d'altra parte, sembra già esibire una connotazione ecologica: il 36% della raccolta dei rifiuti è differenziata mentre Pantelleria è «Parco nazionale» ed è in corsa per diventare Patrimonio dell'Unesco.
Tutto è nato dalla collaborazione tra il Fai (quel Fondo per l'ambiente italiano che fino al 30 ottobre ha avviato un censimento «per cancellare le brutture d'Italia» e che in Sicilia si sta già occupando del giardino della Kolimbetra ad Agrigento) e l'azienda vinicola Donnafugata della famiglia Rallo, che ha donato questo giardino pantesco (restaurato da Giuseppe Barbera e Gabriella Giuntoli) che rappresenta al pari dei dammusi uno dei simboli di un territorio «desertus et asperrimus » (secondo Seneca) oppure «infernale e verde» (secondo Cesare Brandi). Si tratta di edifici in pietra a secco (in massima parte a pianta circolare), privi di copertura, con una piccola porta che si apre su uno spazio simile all'hortus conclusus e che ospita poche piante di agrumi (a volte addirittura una sola).
Sono «segni» suggestivi che caratterizzano una realtà fatta di pietra lavica, piante di capperi, vento che spazza, ma anche di fichi e viti rigogliosissime. La loro presenza (circa 400) potrà diventare un elemento di attrazione turistica ma anche un laboratorio di sviluppo e ricerca. Ieri durante si è così cercato di presentare in particolare l'aspetto «moderno» di una proposta non solo ambientale (il direttore generale del Fai Marco Magnifico ha sottolineato che ora l'impegno del Fai abbraccia l'Italia «dalla Valtellina fino a Pantelleria, nel segno di una tutela che è integrazione e miglioramento»). Perché come ha spiegato Barbera (docente di culture arboree a Palermo) «i giardini panteschi proteggono la pianta dal vento, aumentano la riserva idrica del suolo, riducono l'evaporazione». Un'idea che potrebbe anche essere molto utile anche oggi; non a caso il Cnr ha messo questo giardino sotto osservazione. Perché, in fondo, il Sud del Mediterraneo, con le sue infinite realtà afflitte da siccità endemica, può ricevere un buon insegnamento anche da una pianta secolare di arancio nascosta dietro un muro di pietre, nel mezzo di un vigneto sull'isola di Pantelleria.

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