POMPEI - Settis: svolta giusta, era una catastrofe
POMPEI - Settis: svolta giusta, era una catastrofe
Lorenzo Salvia
05 LUGLIO 2008, Corriere della Sera
iL direttore della Normale: uso massiccio delle forze dell'ordine. Sì a sponsor se investono
ROMA — «Fa un certo effetto sentir parlare di stato d'emergenza per gli scavi di Pompei. Ma quella del governo è una buona idea». Prima di essere direttore della Normale di Pisa, Salvatore Settis è soprattutto archeologo, uno dei massimi studiosi del mondo antico.
Professore, di solito lo stato d'emergenza viene dichiarato per una zona colpita da una catastrofe. Era proprio necessario?
«Proprio per questo dico che la decisione del governo fa un certo effetto. Ma purtroppo intorno agli scavi la situazione è molto simile a quella di una catastrofe: bancarelle abusive, guide abusive che sono anche molto insistenti, furti ripetuti, immondizia dappertutto. Non è possibile trattare così un patrimonio che ci invidia il mondo intero».
E serve lo stato d'emergenza per togliere le bancarelle abusive e tenere pulito?
«Bisognava dare il segnale di una svolta. E credo che anche l'arrivo di persone nuove, in nessun modo legate a quella zona, possa essere d'aiuto».
C'è chi legge in questa scelta un commissariamento del soprintendente Pietro Guzzo.
«Non credo proprio, sarebbe un errore. Al soprintendente devono restare sia la ricerca scientifica sul luogo sia l'organizzazione dei percorsi di visita. E sono sicuro che andrà cosi».
Pensa che il soprintendente Guzzo abbia lavorato bene?
«Lo conosco da 40 anni, da quando eravamo insieme in Grecia per alcuni scavi. Era l'anno del golpe dei colonnelli, il '67, lui allievo della scuola di Atene, io con una borsa di studio dell'Università. Potrei essere accusato di conflitto d'interesse ma è la comunità internazionale a dire che è uno studioso di grande autorevolezza. Un archeologo, però, non ha strumenti da usare contro le bancarelle e le guide abusive. Fa un altro mestiere».
E cosa può fare, invece, un commissario straordinario?
«Far rispettare la legge con l'uso severo e massiccio delle forze dell'ordine, che può utilizzare come meglio crede».
Lei è uomo del sud, sa che non sarà facile. Magari durerà qualche mese e poi tutto tornerà come prima.
«Certo, c'è questo rischio. Arriveranno i cortei delle guide abusive, gli striscioni dei bancarellari, i lacrimoni davanti alle telecamere, io tengo famiglia, lo faccio per i miei figli e via seguendo».
Ecco, appunto.
«Bisogna tener duro. Se invece si decide di calare le brache sarà la rovina».
Un'altra idea del ministro Bondi è quella di aprire agli sponsor privati.
«Sono d'accordo, ma solo se la parola sponsor viene intesa in senso etimologico».
Etimologico?
«Lo sponsor è chi regala qualcosa ed, economicamente, ci rimette. Pompei ha un numero così alto di visitatori che i suoi conti sono in attivo. Allora, se c'è un privato che vuole aggiungere altri soldi ai ricavi dei biglietti senza pretendere nulla in cambio, va bene. Se invece si pensa ad un ingresso nella gestione sono assolutamente contrario. Tanto più in un momento come questo, con lo Stato che ha tagliato un miliardo di euro per i beni culturali, quasi fosse un settore che può andare in malora nell'assoluto disinteresse generale».
Ma in altri Paesi l'aiuto dei privati funziona.
«Tutta colpa della mitologia dei musei americani. Io sono stato al Get-ty, negli Stati Uniti, per cinque anni. Il museo spende ogni anno 230 milioni di dollari e ne incassa solo 12. La differenza viene coperta dal patrimonio privato del signor Getty. Mi si trovi in Italia qualcuno che è disposto a fare una cosa del genere».
Non è facile.
«No, non esiste proprio».
Professore, tornerà presto a Pompei?
«Presto ma non troppo».
Perché, le danno fastidio tutte quelle guide abusive?
«No, anche con gli abusivi Pompei resta uno dei posti più belli del mondo. È che adesso fa troppo caldo».
Lorenzo Salvia
05 LUGLIO 2008, Corriere della Sera
iL direttore della Normale: uso massiccio delle forze dell'ordine. Sì a sponsor se investono
ROMA — «Fa un certo effetto sentir parlare di stato d'emergenza per gli scavi di Pompei. Ma quella del governo è una buona idea». Prima di essere direttore della Normale di Pisa, Salvatore Settis è soprattutto archeologo, uno dei massimi studiosi del mondo antico.
Professore, di solito lo stato d'emergenza viene dichiarato per una zona colpita da una catastrofe. Era proprio necessario?
«Proprio per questo dico che la decisione del governo fa un certo effetto. Ma purtroppo intorno agli scavi la situazione è molto simile a quella di una catastrofe: bancarelle abusive, guide abusive che sono anche molto insistenti, furti ripetuti, immondizia dappertutto. Non è possibile trattare così un patrimonio che ci invidia il mondo intero».
E serve lo stato d'emergenza per togliere le bancarelle abusive e tenere pulito?
«Bisognava dare il segnale di una svolta. E credo che anche l'arrivo di persone nuove, in nessun modo legate a quella zona, possa essere d'aiuto».
C'è chi legge in questa scelta un commissariamento del soprintendente Pietro Guzzo.
«Non credo proprio, sarebbe un errore. Al soprintendente devono restare sia la ricerca scientifica sul luogo sia l'organizzazione dei percorsi di visita. E sono sicuro che andrà cosi».
Pensa che il soprintendente Guzzo abbia lavorato bene?
«Lo conosco da 40 anni, da quando eravamo insieme in Grecia per alcuni scavi. Era l'anno del golpe dei colonnelli, il '67, lui allievo della scuola di Atene, io con una borsa di studio dell'Università. Potrei essere accusato di conflitto d'interesse ma è la comunità internazionale a dire che è uno studioso di grande autorevolezza. Un archeologo, però, non ha strumenti da usare contro le bancarelle e le guide abusive. Fa un altro mestiere».
E cosa può fare, invece, un commissario straordinario?
«Far rispettare la legge con l'uso severo e massiccio delle forze dell'ordine, che può utilizzare come meglio crede».
Lei è uomo del sud, sa che non sarà facile. Magari durerà qualche mese e poi tutto tornerà come prima.
«Certo, c'è questo rischio. Arriveranno i cortei delle guide abusive, gli striscioni dei bancarellari, i lacrimoni davanti alle telecamere, io tengo famiglia, lo faccio per i miei figli e via seguendo».
Ecco, appunto.
«Bisogna tener duro. Se invece si decide di calare le brache sarà la rovina».
Un'altra idea del ministro Bondi è quella di aprire agli sponsor privati.
«Sono d'accordo, ma solo se la parola sponsor viene intesa in senso etimologico».
Etimologico?
«Lo sponsor è chi regala qualcosa ed, economicamente, ci rimette. Pompei ha un numero così alto di visitatori che i suoi conti sono in attivo. Allora, se c'è un privato che vuole aggiungere altri soldi ai ricavi dei biglietti senza pretendere nulla in cambio, va bene. Se invece si pensa ad un ingresso nella gestione sono assolutamente contrario. Tanto più in un momento come questo, con lo Stato che ha tagliato un miliardo di euro per i beni culturali, quasi fosse un settore che può andare in malora nell'assoluto disinteresse generale».
Ma in altri Paesi l'aiuto dei privati funziona.
«Tutta colpa della mitologia dei musei americani. Io sono stato al Get-ty, negli Stati Uniti, per cinque anni. Il museo spende ogni anno 230 milioni di dollari e ne incassa solo 12. La differenza viene coperta dal patrimonio privato del signor Getty. Mi si trovi in Italia qualcuno che è disposto a fare una cosa del genere».
Non è facile.
«No, non esiste proprio».
Professore, tornerà presto a Pompei?
«Presto ma non troppo».
Perché, le danno fastidio tutte quelle guide abusive?
«No, anche con gli abusivi Pompei resta uno dei posti più belli del mondo. È che adesso fa troppo caldo».
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