Pinturicchio pinxit, Una guida sulle sue opere a Roma

Corriere della Sera Roma 18.6.08
Ricerche Le novità in uno studio di Claudia La Malfa
Pinturicchio pinxit, Una guida sulle sue opere a Roma
di Pietro Lanzara

Bernardino di Betto da Perugia, detto Pinturicchio, fu pittore più fortunato che valente. Lo sostenne Giorgio Vasari nelle «Vite»: «ancor che facesse molti lavori e fusse aiutato da diversi, ebbe nondimeno molto maggior nome che le sue opere non meritarono». La mostra di Perugia e Spello, che si è chiusa domenica e che è stata curata da Vittoria Garibaldi, ha favorito la riscoperta di un artista al quale Claudia La Malfa dedica ora un «Itinerario romano» (Silvana Editoriale) al quale seguirà in autunno «La seduzione dell'antico: le pareti dipinte di Pintoricchio a Roma».
La guida, dedicata ai luoghi romani del pittore, è stata presentata dall'autrice, da Francesco Buranelli, presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni dei 550 anni dalla nascita dell'artista, da Roberto Cecchi, direttore generale per il Patrimonio artistico al ministero dei Beni culturali.
La cronologia dei lavori di Pinturicchio a Roma risulta nella nuova ricerca radicalmente diversa da quella tradizionale. «Il suo primo lavoro indipendente in città», spiega Claudia La Malfa, «viene identificato con la decorazione della cappella della Rovere a Santa Maria del Popolo fra il 1477 e il 1479, dieci anni prima della indicazione che lo collocava fra il 1488 e il 1490. Dello stesso numero di anni arretra, fra il 1481 e il 1483, il ciclo di affreschi nelle sale di rappresentanza del cardinale Domenico della Rovere ai Borghi, nel palazzo dei Penitenzieri. In quel periodo Pinturicchio partecipava alla decorazione della Cappella Sistina. Nel 1483 si colloca l'esecuzione del ciclo di affreschi nella cappella della famiglia umbra Bufalini all'Aracoeli, capolavoro della maturità. Innocenzo VIII gli affidò il lavoro nelle stanze e logge della sua villa privata, il Casino del Belvedere, per il quale Andrea Mantegna affrescò la cappellina privata. Mentre Alessandro VI Borgia, subito dopo la sua elezione nel 1492, lo volle per il suo appartamento in Vaticano, l'impresa più straordinaria dell'ultimo quarto del Quattrocento a Roma». Qui sono appena iniziati i restauri nella Sala dei Santi.
Papa Pio III chiamò Pinturicchio a Siena, dove l'artista morì più tardi nel 1513, per gli affreschi della Libreria Piccolomini nella Cattedrale, celebranti la vita dello zio Enea Silvio Piccolomini, Pio II.
«La vera fortuna di Pinturicchio », commenta Claudia La Malfa, «fu di trovarsi a Roma nel momento della scoperta della Domus Aurea ma fu suo merito reinterpretare, da lì, il linguaggio pittorico degli antichi per le necessità della Curia: nei palazzi privati, negli appartamenti pontifici, nelle cappelle familiari delle chiese. Fu il primo a riscoprire le grottesche anticipando Raffaello e il Peruzzi. Fu anche il primo a creare una struttura prospettica e illusionistica alla quale attinse Michelangelo per la volta della Sistina».
Pinturicchio fortunato? Il giudizio negativo del Vasari non gli rende giustizia. O, forse, aveva ragione Machiavelli a sostenere che la fortuna non esiste per se stessa e «dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle».

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