Correggio e l'antico a Roma

Il Sole 24 ore, 23 maggio 2008
Correggio e l'antico a Roma
di Rodolfo Vasari

"Per certi versi era ancora all'inizio", afferma Claudio Strinati nella prefazione al catalogo della mostra dedicata a "Correggio e l'antico", in corso alla Galleria Borghese di Roma fino al 14 settembre. Il riferimento è all'arte, spesso spiazzante, di Antonio Allegri detto il Correggio, nel momento della sua morte, a soli quarantacinque anni, nel fiorire di una maturità artistica che lo stava portando verso nuovi sentieri. Morte improvvisa, che lo ha colto il 5 marzo 1534, appunto a Correggio, provincia di Parma, il centro dove era nato nel 1489 e dove è stato seppellito, nella chiesa di San Francesco. Sessanta opere, fra dipinti, disegni, statuaria antica e coeva, per ridisegnare il rapporto fra l'artista e il mondo romano, con quell'immersione nelle memorie della classicità e la lezione di Raffaello e Michelangelo, che Giorgio Vasari riteneva indispensabile per la formazione di un artista degno di tal nome. La mancanza di un viaggio a Roma è l'unico appunto che il primo storiografo dell'arte fa nei confronti di Correggio, pittore di cui, con l'acutezza infallibile che connota le sue "Vite", riconosce l'imprescindibile importanza. "Il quale attese alla maniera moderna tanto perfettamente, che in pochi anni dotato dalla natura et esercitato dall'arte divenne raro e meraviglioso artefice". E ancora: "Tengasi pur per certo che nessuno meglio di lui toccò colori, né con maggior vaghezza o con più rilievo alcun artefice dipinse meglio di lui, tanta era la morbidezza delle carni che egli faceva, e la grazia con che e' finiva i suoi lavori".
Formatosi alla scuola del Mantenga, la "gravitas" del maestro non appartiene certo alla poetica correggesca. Nemmeno nei suoi dipinti giovanili, dove più si avverte l'alunnato mantegnesco, quasi subito stemperato da influssi lombardi e ferraresi, per arrivare alla svolta che lo porrà caposcuola della nuova maniera dell'Italia settentrionale. Così, non per smentire Vasari, è proprio ad un soggiorno romano, presumibilmente verso il 1518-19, che la critica contemporanea riconduce l'accelerazione della ‘maniera moderna'. Scrive Anna Culiva, direttrice della Galleria Borghese e curatrice della mostra: "Per Correggio la classicità e l'antico furono innanzi tutto un'apertura di respiro, un alterarsi dei rapporti di proporzioni e di spazio per i quali era necessaria l'esperienza diretta su testi pittorici ma anche architettonici. L'opera dell'artista, dagli inizi degli anni venti, mostra proprio questo alterarsi di parametri dimensionali attraverso l'emozione…".
Oltre venti le tele di Correggio esposte, fra cui, per la prima volta insieme, la "Danae" della Galleria Borghese, "Giove ed Io" e "Il ratto di Ganimede" dalla Kunsthistorisches di Vienna, "Educazione di Cupido" dalla National Gallery di Londra e "Venere e Cupido addormentati e spiati da un satiro" dal Louvre. Alle opere di soggetto profano, una serie di amori divini tratti dalle "Metamorfosi" di Ovidio, tutte successive al 1520, si affiancano le tele a soggetto sacro, dove più vibra la corda del Correggio "pittore degli affetti". Ecco quindi quel "colorito di vera carne" che stupiva Annibale Carracci, quella morbidezza soffice ed erotica che ci catapulta avanti di secoli nella serie degli "Amori di Giove", nell'edonismo delle raffigurazioni mitologiche, cui fa da contraltare la corda sentimentale delle composizioni sacre. E quell'abilità virtuosistica nell'uso del chiaroscuro, quelle linee sempre curve, quelle composizioni che suscitavano l'applauso ammirato di Mengs. Se Federico Zeri vede nell'arte del Correggio l'anticipazione della sensibilità spaziale, senza un limite definito, che connota l'arte barocca, come non avvertire nella "Danae" che Camillo Borghese acquistò a Parigi nel 1827 quel profumo di "trine morbide" con cui Puccini evoca il rococò settecentesco?
Un'ultima considerazione. In anni di prestiti pazzi, con le opere d'arte trattate alla stregua di "testimonial" del made in Italy e mandate spensieratamente in giro per il mondo per motivi più attinenti al businnes che alla cultura, è quasi commovente l'avvertenza che si legge sul sito della Galleria Borghese: "La gran parte di queste opere - le più importanti della collezione e capolavori fondamentali per il catalogo di ciascun autore - è inamovibile dalla propria sede. Sono infatti troppo delicate, troppo grandi o su supporto troppo fragile per spostarsi; è perciò impossibile il trasferimento a quelle mostre temporanee che in giro per il mondo vogliono approfondire l'attività pittorica di questi artisti. La Galleria Borghese mira a colmare questa lacuna con un progetto programmatico di dieci grandi mostre monografiche in dieci anni". Così nel 2006 ecco la mostra dedicata a Raffaello, lo scorso anno a Canova, e in questo 2008 l'esposizione fiorisce intorno a quel miracolo di ‘pruderie da boudoir' che è la "Danae" di Correggio. Per passare dal 20 settembre un ideale testimone alla grande monografica che Parma dedicherà, fino al 25 gennaio 2009, a questo suo figlio miracoloso. Col ghiotto contorno, se tale si può definire, degli affreschi della cupola del Duomo e di San Giovanni, e della Camera di San Paolo.

Correggio e l'antico
Roma, Galleria Borghese, fino al 14 settembre 2008
www.correggioelantico.it

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