Tra musica e inconscio un legame profondo

il manifesto 19.10.07
Attualità del mito
Tra musica e inconscio un legame profondo
Cinquant'anni prima che Freud scrivesse l'«Interpretazione dei sogni» Wagner scendeva, con la sua Valchiria, nei meandri dell'esperienza emotiva dominata dal non-detto
di Pietro Bria

«Come, dunque, si volge via il dio da te, così bacia via dai tuoi occhi la divinità»: sono le parole piene di commozione con cui il dio Wotan - nel finale della Valchiria - si congeda dalla figlia Brunilde, che è costretto ad allontanare da sé e a privare del suo essere divino. Ma è anche la frase che per Giuseppe Sinopoli traduce quello splendido ossimoro con cui Wagner tenta di descrivere e di mettere in musica la ferita degli affetti che si è aperta nell'animo del dio: Wotan, infatti, è spinto a recuperare l'unione perduta con la figlia e, al tempo stesso, a separarsene, a prendere commiato da lei. Proprio in questo momento drammaturgico di così forte impatto emotivo può riassumersi il senso più profondo della vocazione psicoanalitica di Sinopoli, che lega la musica all'inconscio delle passioni umane.
La logica degli affetti
Mettere l'inconscio in musica implica, comunque, un assunto di base che va condiviso: quello secondo cui la musica non è un puro gioco di forme sonore sprovvisto di una semantica propria; perché nasce, invece, come fatto o evento espressivo che trova la sua materia prima nelle profondità degli affetti umani a contatto con sensazioni ancora oscure e nebulose: quelle sensazioni che, come voleva Gustav Mahler, «aprono la strada all'altro mondo, in cui le cose non hanno tempo e spazio» e attendono di essere messe in forma di pensiero.
È stato Matte Blanco, il grande psicoanalista cileno da alcuni anni scomparso, a dotare, sulla scia di Freud, questo «altro mondo» - il mondo dell'inconscio - di una logica propria, che è logica degli affetti e logica dell'infinito. Ebbene, Sinopoli ha raccolto questa lezione e l'ha realizzata in musica attraverso un altro incontro straordinario, che lo ha impegnato come compositore, come interprete e come uomo: la musica con cui Wagner - cinquant'anni prima che Freud scrivesse l'Interpretazione dei Sogni - si era avventurato, prefigurando le scoperte della psicoanalisi, nei labirinti dell'inconscio, laddove la coscienza umana si stratificava e si scopriva determinata dai livelli del «non-detto» (il rimosso freudiano) o, più fondamentalmente, dall' «in-dicibile» che è proprio dei livelli dell'esperienza emotiva.
Ho vissuto con Sinopoli questa grande avventura che l'ha portato a intuire come la «discesa» nell'inconscio avvenga in Wagner tramite quello straordinario dispositivo - che è tecnica compositiva ma anche procedura conoscitiva - costituito dal Leitmotiv o tema conduttore, vero motore della drammaturgia wagneriana. Il Leitmotiv ha la funzione non solo di rimandare o richiamare l'attenzione su un personaggio o su una specifica situazione psicodinamica (come è il caso della perdita o dell'amore o della redenzione) ma anche quella più fondamentale di attrarre o trascinare a sé motivi e tempi musicali, stabilendo associazioni o contrasti con altri temi o altri motivi, oppure subendo trasformazioni più o meno profonde della propria struttura che lo rendano irriconoscibile.
Ciò dà luogo a una rete o ibrido musicale che determina una perpetua instabilità armonica e timbrica e permette di accedere - come una sonda psicoanalitica - a diversi livelli di coscienza dei personaggi e delle situazioni: «percorsi labirintici, viaggi prospettici nella mente e nelle emozioni dove ai leitmotive più evidenti si intrecciano altri nascosti, sfuggenti, pronti a segnalare aspetti inconsci».
Il risultato straordinario di questa procedura continuamente «compromissoria» è che lo spazio lineare e discreto della narrazione, così come lo spazio della coscienza in Freud, viene - attraverso la musica dei Leitmotive - continuamente immerso in un altro spazio, multidimensionale, che è spazio dell'inconscio e matrice di emozioni su cui il racconto appare sospeso. In questa matrice albergano non solo violenti conflitti pulsionali - di cui la Tetralogia wagneriana è tutta intessuta - ma anche massicce proiezioni di desideri e dissoluzioni più o meno ampie dell'identità, che nessuna realizzazione scenica tridimensionale avrebbe potuto portare in piena luce; compresa la raffigurazione onirica sebbene, per Freud, essa fosse la «via regia verso l'inconscio». Questa impossibilità strutturale aveva convinto Wagner a auspicare per il suo dramma musicale, dopo l'orchestra invisibile, una scena invisibile finalmente liberata dal sensibile per raggiungere una «comprensione più esaltante, più visionaria del tutto».
Pierre Boulez, introducendo la sua ormai storica esecuzione di Bayreuth, disse al riguardo - e in sintonia con Sinopoli - che il concatenarsi dei motivi nel tessuto strumentale «viene a creare un mondo la cui indipendenza nei confronti della scena si manifesta in modo crescente», fino al punto in cui è possibile osservare «quasi una dualità fra l'universo drammatico e quello musicale, poiché quest'ultimo diviene infinitamente più ricco dell'altro e tende, con la sua stessa proliferazione, ad accaparrare tutta la nostra attenzione».
La musica sopprime il tempo
Nella Valchiria - afferma Sinopoli - questo sviluppo del Leitmotiv trova il suo acme espressivo «grazie a una tecnica meravigliosa di variazione aperta, continua, cellulare, tipica del Wagner maturo, che consente alla memoria di interagire con il presente: un «procedere multiforme di passato e presente» che ha portato un grande studioso di Wagner come Ernst Bloch a parlare di «psicoanalisi del Leitmotiv onnisciente». Tecnica, questa, che si realizza in modo assai significativo nel finale dell'opera, quando la musica sublime che Wagner costruisce intrecciando i motivi dell'addio di Wotan con quelli del sonno e del suo incantesimo permette di dare espressione a quell'indicibile antinomia di affetti che agita l'animo del dio-padre nel momento in cui, in obbedienza alla legge istituita, egli deve separarsi dalla figlia Brunilde: la figlia che incarna (e incarnerà) il suo più profondo desiderio di amore.
E così la musica, arte del tempo, ritrova la sua funzione originaria che è, come afferma Levi-Strauss, quella di sopprimere il tempo. Un legame con l'in-divisibile e con l'infinito che è anche all'origine della sua capacità di influenzare gli animi, così come le riconosceva Platone, e che si attualizza nel momento dell'ascolto.

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