Sotto la terra sarda i giganti di Atlantide?

l’Unità 27.5.08
Sotto la terra sarda i giganti di Atlantide?
di Stefano Miliani

ARCHEOLOGIA Nel ’74 i primi ritrovamenti in un campo vicino Cabras (Oristano). Ma solo da poco è iniziato a Roma il restauro: si riassemblano i 5000 pezzi, scolpiti da artisti della civiltà nuragica... o forse no

Un giorno del 1974, in un campo vicino a Cabras in provincia di Oristano nella Sardegna nord occidentale, l’aratro del signor Sisinnio Poddi incappò in un busto, una testa, un braccio. Di roccia bianca, biocalcarea. Erano le prime porzioni di statue monumentali, i primi lacerti dei quasi cinquemila frammenti poi venuti alla luce e sparpagliati su una necropoli sepolta: appartenevano a statue alte fino a 2 metri e mezzo con volti, nasi e sopracciglia stilizzati, fronti ampie, occhi a cerchi concentrici, ipnotizzanti. Statue scolpite, forse, da artisti della civiltà nuragica. O da mani orientali? Dai fenici? O da un’altra cultura marinara? Imparentata con chi? Quello degli autori è il principale irrisolto, non l’unico. A quando risalgono? Al VII secolo avanti Cristo, forse. Oppure, come osa qualche studioso, intorno al primo millennio avanti Cristo? Il ritrovamento fortuito era solo l’inizio di una vicenda tuttora densa di interrogativi irrisolti e foriera di polemiche a cui questo 2008 - con i restauri delle statue a buon punto - potrebbe dare qualche risposta. E magari fornire nuove informazioni sulla civiltà che tra il 1.700 avanti Cristo all’inizio della nostra epoca eresse nell’isola migliaia di torri nuragiche.
Nel ‘77 la soprintendenza archeologica sarda e l’università di Cagliari iniziarono a scavare in quella zona sabbiosa presso il mare chiamata Monte Prama (dal nome sardo della palma nana che lì cresce, «prama»). Seguì un lungo e oscuro periodo di stasi. Due anni fa un accordo tra direzione regionale del Ministero dei beni culturali e Regione ha acceso i motori del recupero. Dopo quattro mesi di restauro, a fine aprile, chi snoda i fili del racconto è Roberto Nardi. Direttore del Centro di conservazione archeologica di Roma che, ottenuto l’appalto tramite concorso pubblico riservato a imprese specializzate, con un gruppo di 16 specialisti lo studioso sta riassemblando le statue nel Centro Li Punti, nel sassarese: «L’archeologo di chiara fama Carlo Tronchetti condusse scavi sistematici organizzati dalla soprintendenza di Cagliari. Fu individuata una necropoli con 35-36 tombe a fossa con corpi inumati. Un’area sacra, forse, del VII secolo avanti Cristo, sopra la quale c’era un fossato su cui qualcuno aveva gettato le sculture ridotte in frantumi». Insieme a 300 frammenti di modellini di nuraghe, informa Nardi, gli archeologi hanno recuperato 4.880 pezzi fra teste, braccia, cosce, piedi e altro: appartengono a figure poderose, alte in media di 2 metri e 40, ognuna dal peso compreso tra i 100 e i 250 chili per un totale di 10 tonnellate. Epoca? «Forse lo stesso periodo della necropoli, il VII secolo - risponde l’archeologo - Ma si va rafforzando l’ipotesi che data le statue al X secolo circa: qualcuno le avrebbe erette altrove e buttate molto più tardi sulla necropoli già distrutta da tempo».
Con i loro enigmi, le sculture rappresentano arcieri e soldati. «Il cosiddetto pugilatore è in realtà un guerriero che si protegge da oggetti scagliati dall’alto come in battaglia», puntualizza l’archeologo. A suo giudizio «con i loro dettagli di grande raffinatezza come mani, pugni e corazze, per la loro somiglianza le sculture rimandano ai bronzetti nuragici raffiguranti appunto arcieri, guerrieri, pugilatori, che misurano però appena 10-15 centimetri. Se risalissero davvero al X secolo - insiste - dovremmo capovolgere la gerarchia: chi ha fuso i bronzetti si sarebbe ispirato alle sculture di Monte Prama». La novità, insiste, sarebbe enorme. «Solo i nuragici rappresentano se stessi e a oggi non esiste una loro scultura lapidea». Ma non tutti gli studiosi concordano con l’ipotesi nuragica, la domanda resta e Nardi lo sa bene: «Trovo fantasiose supposizioni come quella che le dà al popolo dei sardana. Tutto sommato trovo più plausibile l’ipotesi fenicia per alcune analogie stilistiche». Altri interrogativi affollano i cuori degli indagatori del passato: «qualcuno, durante o forse dopo un incendio della necropoli, distrusse le statue con furia diabolica». Chi fu? Perché? «Non lo sappiamo. Di sicuro la zona era molto frequentata dai fenici». Ancora loro. Per quanto convenga aspettare prove solide prima di incolpare dello scempio quei prodigiosi mercanti e marinai del Mediterraneo.

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