Signori e contadini, tutti in un romanzo astrologico

Corriere della Sera 23.9.07
Il significato degli affreschi di Palazzo Schifanoia
Signori e contadini, tutti in un romanzo astrologico
di Francesca Bonazzoli

Il palazzo Schifanoia, costruito come luogo di piacere dove andare a «schivare la noia», è arrivato fino a noi come la più splendida testimonianza della «demonologia astrologica» del XV secolo. Fatto ampliare e decorare da Borso intorno al 1464, è la perla del gusto dotto, raffinato e stravagante che si coltivava a Ferrara nelle cosiddette «delizie estensi», ville e palazzi purtroppo oggi per lo più scomparsi.
Nel grande salone al piano nobile un ciclo di affreschi, con un programma iconografico dettato forse dall'astrologo e bibliotecario di corte Pellegrino Prisciani, celebra l'investitura papale a duca di Ferrara di Borso, figlio illegittimo di Lionello d'Este. L'esaltazione del suo buon governo avviene attraverso elaborate immagini astrologiche che mettono in relazione gli arcani del cielo con le attività sublunari del sovrano.
Le pareti sono divise in dodici partiture verticali corrispondenti ai mesi dell'anno (di cui oggi sono leggibili solo sette); ogni mese è diviso in tre fasce orizzontali sovrapposte: nella più alta è affrescato il trionfo della divinità che la mitologia pagana abbinava ad ogni mese; nella fascia centrale compaiono le allegorie dei segni zodiacali con i rispettivi «decani», ovvero le tre decadi in cui gli antichi Egizi suddividevano ogni segno e giunti fino a noi attraverso la mediazione dei testi arabi; infine, nella fascia più bassa, la glorificazione di Borso d'Este che sovrintende ai differenti lavori agricoli legati ai mesi. Il signore è dunque il tramite fra l'ordine divino delle stelle e l'ordine che regna sulla terra: il trascorrere del tempo, regolato nel cielo dalle divinità astrali, è affidato in terra alla sovrintendenza di un principe illuminato e saggio, che asseconda l'armonia delle sfere celesti e le leggi della natura.
La decorazione di Schifanoia non è una stravaganza senza precedenti: nel basso Medio Evo infatti, attraverso i testi dei filosofi arabi, era rinato l'interesse per la «fede negli astri» che poi fiorì con gli studi umanistici. Rappresentazioni astrologiche si trovavano miniate nei codici, tessute negli arazzi o affrescate nelle volte, ma a Ferrara il programma iconografico ha un respiro ampio e unitario senza confronti. La raffigurazione dei mesi collegata ai lavori agricoli e alle altre attività dell'uomo (la semina, la vendemmia, il mercato), è ripresa da una tradizione che risale a tempi antichissimi; mentre è solo a partire dal Medio Evo che ai mesi furono associate anche rappresentazioni della vita di corte come il gioco delle carte o le cacce.

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