"Prélude à l'aprés-midi d'un faune", la storia della partitura più famosa del periodo impressionista

Liberazione - settimanale, 25/02/200
"Prélude à l'aprés-midi d'un faune", la storia della partitura più famosa del periodo impressionista

di Gianni Ventola Danese
Il Prélude à l'après-midi d'un faune è una composizione sinfonica di Claude Debussy del 1894, ricordata spesso come il prototipo dell'estetica musicale impressionista. Ma i significati musicali di questo brano musicale vanno ben al di là di una facile etichettatura musicologica. Il destino di questa partitura incrocia quello di Vaclav Nijinskij che ne allestì una celebre quanto discussa coreografia.
Figlio di piccoli commercianti, Achille-Claude Debussy entra in conservatorio a dieci anni, è un bravo pianista, soprattutto quando accompagna altri musicisti: nel 1880 vince il primo premio nella classe di accompagnamento, e ciò avrà una ripercussione fondamentale sulla sua parabola musicale. A Parigi si guadagna da vivere impartendo lezioni di pianoforte e accompagnando strumentisti e cantanti. Entra in contatto con la famiglia Vasnier, M.me Marie-Blanche, la sua prima passione amorosa, lo spingerà agli studi di composizione. Studi nei quali il giovane Debussy scopre di non trovarsi a proprio agio, perché la sua idea di musica mal si adatta a rigide regole e imposizioni accademiche. Per questo Debussy rimane parzialmente isolato dall'ambiente musicale parigino. La sua è una vita da Bohemienne. Frequenta assiduamente la libreria di Edmond Bailly dove si incontra con letterati e poeti quali Villiers de l'Isle-Adam, Gide, Mallarmé. Il Prélude nasce proprio come frutto di una sollecitazione letteraria dello stesso poeta che nel 1876 dà alle stampe l'egloga L'après-midi d'un faune .
Il Prélude del compositore francese anticipa in pieno i temi del Novecento musicale, ma i suoi contemporanei ne colsero soprattutto la dimensione sognante e languida. La prima esecuzione si tenne alla Société nationale di Parigi il 22 dicembre 1894. Fu accolta da un tale successo che il pubblico ne richiese l'intera ripetizione come bis.
Il lavoro del trentenne Claude tuttavia è un lavoro d'avanguardia che mira a incrinare la solidità del linguaggio musicale del tardo romanticismo il cui maggior rappresentante era Wagner. Nel Prélude le scale maggiori e minori vanno dissolvendosi: i suoni vengono ordinati con un ordine artificiale secondo un procedimento che si evolverà negli anni a venire nella dodecafonia schönbergeriana. Ma il Prélude è anche dissoluzione del classico tempo musicale. L'apparenza dell'abbandono e della fantasticheria nasconde in realtà la vera natura di quest'opera: un nuovo controllo sulla materia musicale. A cominciare dal suono, recuperato nella sua purezza, da qui il recente accostamento di Debussy ad Anton Webern, grande rappresentante della seconda scuola musicale viennese.
Col Prélude debutta tutta la carica innovativa del Novecento musicale e Mallarmé rimane solo un pretesto. È una ventata di musica nuova per la Parigi di inizio secolo. Così come lo è in quegli stessi anni il rinnovamento portato avanti dalla compagnia dei Balletti russi dell'impresario Sergej Djagilev. L'attività prende inizio nel 1909 con "Les sylphides", su musiche pianistiche di Chopin trascritte per l'occasione da un giovane ancora poco conosciuto, un certo Igor Stravinskij. Djagilev, insieme al suo compagno di vita e d'arte, il grande ballerino Vaclav Nijinskij, sostiene una nuova idea di balletto, quasi wagneriana, la fusione delle arti in una unica rappresentazione: arte coreutica, musica, pittura si devono fondere insieme. Le scenografie realizzate con l'apporto dei maggiori pittori russi e francesi: Matisse, Picasso, Braque, Dufy. La musica da balletto fa un salto di qualità: Rimskij-Korsakov, Balakirev, Ravel, Borodin, Cjakovskij, Debussy.
È lo stesso Nijinskij a ottenere da Djagilev il permesso di cimentarsi nella coreografia del Prélude. Nijinsky si reca al museo del Louvre e trova cerca l'ispirazione giusta in un vaso ellenico a fondo nero raffigurante un fauno. Anche Nijinsky è uno sperimentatore, ma forse osa troppo per il suo tempo. Per rispecchiare al meglio il concetto espresso dai vasi greci, i ballerini danzano con la testa e le gambe di profilo rispetto alla sala, mentre rimangono rivolte verso questo solamente il corpo e le braccia. Solo dopo numerose ripetizioni le ninfe riescono a danzare in modo fluido, senza intoppi. Nijinsky, che interpreta la parte del fauno, si limita a una danza "di terra", coi piedi ben ancorati al suolo, senza salti. La rottura con la danza classica, con il tecnicismo a cui i ballerini russi erano abituati appare molto forte, tanto che Diaghilev durante le prove inizia a dubitare della riuscita dell'opera. Ma sarà la scandalosa scena finale nella quale il fauno compie atti di feticismo onanistico, a suscitare, più di tutto il resto, giudizi quantomeno controversi sull'opera. Come la musica di Debussy tornava alla materia primordiale del suono, il balletto di Nijinsky metteva in scena una dimensione originaria, mitica, dominata dalle pulsioni dei sensi, quasi una ricerca del rimosso.


25/02/2007

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