Le ragazze della casbah Così in Algeria scoprì il nudo

Corriere della Sera 29.11.07
Le Corbusier. Viaggi illuminanti L'artista viaggiava in tutto il mondo. E nel Maghreb ebbe una svolta
Le ragazze della casbah Così in Algeria scoprì il nudo
di Francesca Bonazzoli Confronti

«Non ti domando denaro, non domandarmi dove vado, né quel che farò: neanche io ne so nulla». Due righe, spigolose come il suo carattere: così, a vent'anni, il giovane Le Corbusier annunciò al padre l'inizio delle sue peregrinazioni che durarono tutta la vita. Dall'Europa al Sud America, dal Nord Africa a New York all'India, sempre accompagnato da un taccuino per disegnare e sempre al centro di avventure e incontri speciali.
A Berlino, dove si fermò nello studio di Peter Behrens, si trovò fianco a fianco con altri due giovani apprendisti, Mies van der Rohe e Gropius, ma se ne andò presto: «Avevo sperato in un contatto frequente e fecondo con Behrens. Ma è un iroso malato e scorbutico, collerico senza ragione, e dalla mattina alla sera». Ad Atene, di passaggio per il viaggio di sei mesi in Medio Oriente, rimase 18 giorni in contemplazione del Partenone. In Russia fece tre viaggi, ma ripartì deluso perché invece della rivoluzione in cui aveva sperato, «Stalin ha deciso che l'architettura proletaria è di spirito greco-latino». Con lo scrittore Antoine Saint-Exupéry pare abbia sorvolato l'Argentina e l'Uruguay, nel 1929; in Spagna andò invece con Leger, mentre in Brasile arrivò su un dirigibile Zeppelin.
Di tutte le sue avventure, però, la più importante e la più trasgressiva fu forse quella vissuta ad Algeri.
Fu lo stesso Le Corbusier ad accennare di aver scoperto la vera bellezza del nudo femminile in Algeria «grazie alla struttura plastica di certe donne della Casbah sotto l'intensa e tuttavia sottile luce di Algeri».
In realtà, queste parole redatte in un asettico stile notarile e puritano, nascondono un episodio rivelatoci invece nei dettagli da Jean de Maisonseul in una lettera del 5 gennaio 1968. Questo signore, che divenne in seguito direttore del Musée National des Beaux-Arts di Algeri, nel 1931 aveva 19 anni e lavorava per l'urbanista Pierre A. Emery. Corbu era arrivato per la prima volta ad Algeri per tenere una conferenza e poiché Emery era troppo occupato per accompagnare l'illustre ospite, fu de Maisonseul a condurlo nella Casbah.
«I nostri giri attraverso le strade laterali— scrisse — ci portarono verso la fine della giornata nella Rue Kataroudji dove lui (Le Courbusier) fu affascinato dalla bellezza di due giovani ragazze, una spagnola, l'altra algerina. Le due ci condussero su per una stretta scala fino alla loro camera; là schizzò alcuni nudi — con mio stupore — su un quaderno di scuola e matite colorate; gli schizzi della ragazza spagnola che giaceva sdraiata nel letto sia da sola che in un bel gruppo con la ragazza algerina si rivelarono accurati e realistici; ma lui disse che erano molto brutti e si rifiutò di mostrarli».
E non basta. De Maisonseul racconta ancora come poi il suo ospite si fermò anche presso un chiosco vicino alla Place du Gouvernement per acquistare delle cartoline dai colori chiassosi con bellezze locali nude circondate da decori da bazar orientali.
Pettegolezzi, si dirà. E invece no, perché Corbu, da quel momento, introdusse nella sua pittura, fino ad allora dedicata alla natura morta (bicchieri, bottiglie, chitarre) anche il tema del nudo che non uscirà più dal suo repertorio e con il quale si confronterà con Delacroix (e le sue «Femmes d'Alger») e Picasso.
I primi nudi femminili, in realtà, erano stati quelli di Joséphine Baker, la ballerina vestita con un gonnellino di 16 banane con cui Corbu aveva fatto la traversata sul Lutetia tornando da Rio de Janeiro nel dicembre 1929. Ma furono gli schizzi di Algeri a dare avvio alle ricerche sulla figura monumentale. Nonostante Le Corbusier abbia affermato che i tre taccuini di Algeri gli furono rubati, di fatto, come mostrano anche i disegni dal 1937 al 38 e dal 1963 al 64, non smise mai di rielaborare quegli schizzi.
La verità è che quell'uomo arrogante, che amava l'assolutismo, che aveva impostato tutte le sue creazioni su rigide griglie teoretiche e che era dedito al lavoro con un'etica protestante («Ho sacrificato tutto ciò che costituisce la gioia di una vita normale; la mia vita è anormale... conduco la vita di un cane »), aveva scoperto la leggerezza nel corpo femminile.
Come quando, durante una cena a Copacabana, si estraniò dagli altri commensali, concentrandosi sul suo inseparabile taccuino perché era così piacevole, disse, «disegnare le belle spalle delle donne di Rio».
E' grazie al femminino, dunque, se disordine e emozione alleggeriscono la rigida opera del «corvo» Corbu.

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