I versi di Lucrezio fra poesia e scienza

Corriere della Sera Roma 29.11.07
I versi di Lucrezio fra poesia e scienza
di Franco Cordelli

Dopo Proust e Musil e dopo Shakespeare, ecco Lucrezio. Sempre all'Auditorium, sempre rapporti tra poesia e scienza, tra scienza e letteratura. Per la Fondazione Sigma-Tau, Sandro Modeo ha curato «Per l'immenso spazio», l'esatto contrario che un collage di belle pagine. Si tratta di testi montati con sapienza, tratti dal «De rerum natura» e orientati in senso forte per temi. Codesti temi sono scanditi dai titoli delle sezioni, unendo in modo sempre sorprendente ma sempre logico un passo del primo libro con un passo del quinto o del terzo.
I temi enucleati da Modeo sono la genesi del mondo, il rapporto tra biologia e genetica, la coscienza della morte, l'attacco alla visione religiosa del mondo. Vi è anche, naturalmente, l'ode a Epicuro. Intendiamoci: c'è tutto in Lucrezio. Eppure il montaggio, lo ripeto, valorizza in senso globale l'attacco recato dal grande poeta alla superstizione in quanto strumento di dominio culturale dell'uomo sull'uomo. La scienza, ovvero la visione scientifica del mondo, il materialismo (fino alle scoperte di Darwin, come è stato sottolineato in un prologo- enunciazione di ciò che avremmo visto e ascoltato), lo stoicismo come coscienza della morte, sua contemplazione, esercizio al distacco e tutto questo emerge in modo netto dallo spettacolo che Modeo e il regista Claudio Longhi hanno ricavato dai versi lucreziani.
Vi hanno dato vita i tre attori Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Elisabetta Piccolomini. Alle loro spalle vi era uno schermo, nel quale scorrevano i versi che man mano venivano letti. A differenza dei due spettacoli-letture dedicati a Proust-Musil e a Shakespeare, non vi erano per fortuna immagini distraenti o fuori luogo. Ma Orsini e Popolizio a volte creavano uno spazio tra la fonetica e la semantica. Come se dissociassero i loro corpi (cioè la loro voce) da quanto da Lucrezio proclamato. Si slanciavano in avanti quando il testo era più didascalico. Si ritraevano quando era più forte, se non più altisonante.

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