I tesori dell’imperatore Qianlong

l’Unità Roma 20.11.07
I tesori dell’imperatore Qianlong
I grandi capolavori della Città Proibita in mostra al Museo del Corso
di Flavia Matitti

COME FARE a rappresentare in una mostra il senso della Città Proibita che, con i suoi 720mila mq e le sue 9mila sale, è la reggia più grande del mondo? L’impresa ha dell’impossibile, eppure la Fondazione Roma è riuscita ad allestire negli ambienti, certo non grandi, del Museo del Corso una rassegna straordinaria, incentrata su un personaggio d’eccezione, Quianlong (1711-1799), uno dei più grandi imperatori della storia cinese al quale si deve, fra l’altro, anche l’aspetto attuale della Città Proibita, edificata dai Ming nel XV secolo, ma ampiamente trasformata sotto la sua dinastia, quella dei Qing che, originaria della Manciuria, aveva conquistato la Cina nel 1644. La mostra, curata da Gian Carlo Calza, massimo esperto italiano di arte dell’Asia Orientale e intitolata “Capolavori dalla Città Proibita. Quianlong e la sua Corte” (fino a marzo 2008), riunisce oltre trecento oggetti d’arte – tra dipinti, sculture, abiti, armi, armature, porcellane, giade, mobili, orologi, sigilli – divisi in quattro sezioni. L’atmosfera raffinata e rituale della Città Proibita è inoltre suggerita in mostra sia da un accompagnamento sonoro diffuso nelle sale, ideato per l’occasione dal maestro Michelangelo Lupone, sia dall’allestimento, firmato dall’architetto Adriano Caputo, il quale ricorre ai colori tradizionali cinesi (rosso lacca, nero, giallo oro e azzurro) per evocare il fasto della reggia.
All’inizio del percorso espositivo, oltrepassato un grande plastico della Città Proibita, si incontra la sezione dedicata alla rappresentazione del potere. Il visitatore viene ricevuto da otto armature da parata, che rappresentano le Otto Bandiere, ossia il nerbo dell’amministrazione politico militare della Manciuria, schierate ad accogliere l’imperatore. In fondo, in una vetrina, è esposto una parte di un rotolo orizzontale lungo oltre 20 metri, dove si vedono raffigurati i soldati schierati nella parata delle Otto Bandiere. Grazie alla gigantografia di questo dipinto, fatta in occasione della mostra per riprodurlo sulla parete, si è scoperto che tutti i soldati sono raffigurati sorridenti, e sorridono felici perché il loro imperatore li passerà in rassegna. Segue in una vetrina l’equipaggiamento militare dell’imperatore, composto dall’armatura in raso giallo con ricami in seta raffiguranti draghi azzurri, l’elmo in lacca nera, la sella e la gualdrappa. Lo stesso equipaggiamento col quale lo vediamo poi ritratto a cavallo in un dipinto del gesuita Giuseppe Castiglione (Milano 1688 – Pechino 1766), divenuto pittore di corte assai stimato dall’imperatore. Alla riscoperta di questo artista, che ha creato un nuovo stile pittorico fondendo influssi italo-spagnoli e cinesi, è dedicata un’altra importante sezione della mostra. Ricreati anche due ambienti: lo studiolo e la sala del trono. Infatti Quianlong, oltre che guerriero e amante della caccia era un letterato, un poeta, un calligrafo, suonava diversi strumenti musicali ed era pervaso da un profondo sentimento religioso. E l’ultima sezione della mostra documenta appunto la sua apertura verso le diverse fedi religiose, dal buddismo al cristianesimo all’Islam. Un messaggio di dialogo interculturale e interreligioso che, come ha sottolineato il presidente della Fondazione Roma, rappresenta un modello di tolleranza quanto mai attuale, in un mondo attraversato dalla paura e dalla diffidenza.
Museo del Corso, via del Corso, 320
Tel. 06.661345 - Orario: 10–20

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