Cheniér e i fantasmi del cuore

La Repubblica 26.5.07
Cheniér e i fantasmi del cuore
Un saggio di Lionello Sozzi
di Benedetta Craveri

"Il paese delle chimere" è una riflessione sul tema dei sogni e delle illusioni nella cultura occidentale
Salì sulla ghigliottina insieme ad un altro letterato, Roucher, il 25 luglio del 1794
Al centro la figura del poeta francese decapitato durante la Rivoluzione
Secondo Baudelaire le illusioni per quanto diaboliche restavano approdi sublimi
Se la condanna fosse stata pronunciata solo tre giorni più tardi non sarebbero morti

A Parigi, nelle prime ore del pomeriggio del 25 luglio 1794, due poeti, Jean-Antoine Roucher e André Chénier, si ritrovarono insieme sulla carretta che doveva condurli fino ai piedi della ghigliottina eretta alla Barriera di Vincennes. Roucher, allora sulla soglia dei cinquant´anni, aveva conquistato la notorietà con un poema sui Mesi, mentre il trentaduenne Chénier non aveva dato alle stampe che pochi componimenti e lasciava dietro di sé una vasta opera incompiuta. Solo la pubblicazione postuma dei suoi versi, avvenuta venticinque anni dopo, avrebbe rivelato alla Francia che la Rivoluzione l´aveva privata di uno dei suoi massimi poeti. I due amici impiegarono il tempo del tragitto dal tribunale al patibolo recitando dei versi di Racine ed affrontarono poi impavidamente la ghigliottina, ma diverso era stato lo stato d´animo con cui l´uno e l´altro avevano atteso che si consumasse il loro destino. Nei mesi di prigionia, consapevole della sorte che lo attendeva, Roucher non aveva voluto indulgere ad alcuna illusione di salvezza, scrivendo alla moglie: «Non mi piacciono, amica mia, le speranze di libertà alle quali a volte ti lasci andare. Sono speranze menzognere, e niente è più triste di una speranza delusa. Per conto mio me ne difendo come un crimine».
Chénier, invece, in una delle straordinarie creazioni poetiche scritte in carcere - l´ode consacrata a una vicina di cella, la bellissima Aimé de Coigny -, metteva in bocca alla sua Giovane prigioniera i celebri versi: «L´illusione feconda abita il mio seno./ Su di me le mura di una prigione gravano inutilmente./ Io ho le ali della speranza». Più che in una improbabile salvezza, Chénier sperava presumibilmente che la sua morte potesse servire agli ideali di giustizia e di libertà per cui si era battuto, ma rimane il fatto che se la sua condanna fosse stata pronunciata solo tre giorni più tardi, la morte di Robespierre e la fine del Terrore avrebbero aperto, a lui come a Roucher, le porte del carcere.
Il diverso atteggiamento dei due poeti davanti alla stessa drammatica prova, ci conduce al cuore de Il paese delle chimere. Aspetti e momenti dell´idea di illusione nella cultura occidentale (Sellerio, pagg. 415, euro 24) di Lionello Sozzi, libro di una vita, preziosa summa erudita con cui l´illustre studioso ha dato forma sistematica ai materiali e alle riflessioni raccolte nel corso di anni e anni di ricerche.
Quella di Sozzi è, infatti, una grande inchiesta sulle illusioni, le speranze, i sogni, gli inganni che hanno popolato l´immaginario occidentale e sulla varietà di significati di cui esse sono state investite nel corso dei secoli. Dopo una densa introduzione incentrata sulla "Semantica delle illusioni", in cui si ripercorrono i momenti più significativi della tradizione interpretativa ad esse consacrata, Sozzi illustra i risultati della sua perlustrazione in dieci capitoli dedicati ad altrettante accezioni storiche della tematica presa in esame. E basta passarne in rassegna i titoli - "L´illusione diabolica", "Illusioni, ragione, realtà", "Il paese delle chimere", "L´illusione analogica", "Chimere orrende", "Illusioni perdute", "Vanitas vanitatum", "Disperata speranza", "L´illusione feconda" - per rendersi conto del come, nella lunga durata, sia la messa in guardia dagli inganni dell´immaginazione a prevalere sulla fiducia nella forza vitale e nella capacità di trasfigurazione del reale che essa può portare con sé.
Non è qui possibile seguire, passo passo, il percorso storico e tematico tracciato da Sozzi, sulla scorta di una infinità di letture, attraverso il grande continente della letteratura europea; un percorso che va dall´antica condanna teologica dell´illusione come strumento di Satana fino al rovesciamento definitivo operato da Baudelaire. Nell´Inno alla Bellezza, infatti, il poeta dei Fiori del male affermava una volta per tutte che chimere ed illusioni potevano anche essere diaboliche ma conducevano ugualmente ad approdi sublimi. Mi limiterò perciò a ricordare, prendendo ad esempio Chénier e Roucher, i due modi diversi di intendere le illusioni che avevano caratterizzato il dibattito del Settecento, facendone un momento altamente ricco e significativo.
Fin dal secolo precedente, da Bacone a Descartes, da Spinoza a Bayle, la filosofia moderna aveva combattuto gli errori dell´immaginazione in nome della ragione e dell´esperienza empirica, preparando la strada al trionfo dei Lumi. Per i philosophes, scrive Sozzi, «le uniche certezze sono quelle cui approda l´ardimentosa ragione; le illusioni, i fantasmi del cuore, le labili chimere, quasi sempre nutrite di ansia religiosa e di istanze metafisiche, sono fonti di inganno, di ridicoli pregiudizi, di entusiasmo fanatico, si risolvono in un gioco derisorio, che dà parvenza di realtà ai fragili castelli della fantasia, espone al dileggio e all´amara delusione ogni dissennato vagheggiamento». Ed è a queste certezze che Roucher rimase stoicamente fedele, nonostante il sanguinoso voltafaccia della Dea Ragione negli anni atroci del Terrore.
Diametralmente opposto, come abbiamo visto, era stato, invece, l´atteggiamento di Chénier. Anche lui era figlio dei Lumi, anche lui credeva nel progresso, nella scienza, nella ragione, ma era troppo poeta per rinunciare ai diritti della fantasia e del sogno. Non a caso aveva celebrato i poteri dell´immaginazione in un bellissimo poemetto rimasto, purtroppo, allo stato frammentario, traendo dalla sua "fantasia infuocata" speranza ed energia per costruire un "mondo nuovo". Ma, in verità, già prima di lui, era stato Rousseau a rovesciare radicalmente i termini della riflessione settecentesca su verità e fantasia, su sogno e realtà, dichiarando che «il paese delle chimere è l´unico degno di essere abitato». Come mostra Sozzi, in pagine di estremo interesse, il grande scrittore ginevrino superava così l´antitesi tradizionale tra illusioni e presente, aprendo due prospettive: «L´illusione come attesa e speranza, come tensione verso impossibili possessi, come slancio verso i confini dell´assoluto, e l´illusione come fiction, come costruzione della mente, come favola consolante pur nella sua vanità». Perseguendo entrambe le strade, nei libri come nella vita, il Jean-Jacques indicava la strada agli scrittori a venire - fossero essi romantici o parnassiani, simbolisti o decadenti, illuminati o maledetti -, dando così alle chimere pieno diritto di cittadinanza nei cieli della letteratura.

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