La vera storia dell'Atleta di Lisippo a Fano

La vera storia dell'Atleta di Lisippo a Fano
di NESTORE MOROSINI
CORRIERE DELLA SERA 10-07-2007

BENI ARTISTICI Oggi Rutelli sarà nel luogo dove è sorta la controversia tra Italia e Getty Museum

Fu pescato al largo, sotterrato e venduto per tre milioni e mezzo

FANO — A chi appartiene una delle statue più importanti dell'antica Grecia? All'Italia, come sostiene Francesco Rutelli, ministro dei Beni culturali che oggi è in visita a Fano, oppure al Paul Getty Museum di Malibu, come sostengono gli avvocati americani che lo rappresentano? Quello dell'Atleta di Lisippo è un «giallo» affascinante.
Ricorda il professor Alberto Berardi, ex assessore alla Cultura della provincia di Pesaro-Urbino, che sulla statua ha effettuato un bel numero di indagini: «Era l'alba di un venerdì dell'estate 1964, quando il peschereccio "Ferri Ferruccio", comandato da Romeo Pirani, trasse a bordo una statua piena di incrostazioni. Sull'imbarcazione lavoravano, oltre a Pirani, Valentino Caprara, Nello Ragaini, Benito Burasca, Derno Ferri, Durante Romagnoli e Athos Rosato. Gli ultimi tre sono viventi. Rosato, oggi, ricorda bene il luogo del ritrovamento: circa 43 miglia a levante del monte Conero e circa 27 miglia dalla costa croata, un punto di mare chiamato Scogli di Pedaso. In quel tratto, secondo il mozzo, la profondità del mare era circa di 43-44 braccia, il che significa che la statua era poggiata a circa 75 metri dalla superficie».
Rosato cosi conferma quanto ha sempre sostenuto Pirani e cioè che la statua fu rinvenuta in acque internazionali. Derno Ferri, invece, non ha mai aperto bocca: forse sul racconto di Pirani, che probabilmente temeva i rigori della legge, non era d'accordo. «Capimmo subito che si trattava di una statua di grande valore», ha detto in passato Durante Romagnoli, oggi ottantenne. «Un gran valore per quell'epoca erano di certo i 3 milioni e mezzo che i pescatori ricavarono dalla statua», precisa Berardi.
Dopo il rinvenimento la statua venne messa su un carretto e trasportata a casa della proprietaria della barca, Valentina Magi, dove finì in un sottoscala. Nei giorni seguenti fu visionata da molte persone, forse troppe. Infatti l'andirivieni preoccupava i pescatori perché la Guardia di finanza era molto attenta a perseguire il commercio di reperti archeologici trovati in mare. Spaventati, decisero di chiedere a un loro amico, Dario Felici, di poterla
sotterrare in un campo di cavoli. Qui avvenne la svolta. La statua venne vista e acquistata dall'antiquario Pietro Barbetti di Gubbio, al quale era arrivata all'orecchio l'eco della storia. La richiesta fu di 3 milioni e mezzo di lire: Pirani disse, una volta, di averci pagato parte della casa. Più tardi Pietro Barbetti fu portato in tribunale con i parenti Fabio e Giacomo Barbetti e il prete Giovanni Nargni. L'accusa era di avere acquistato e occultato un'antica opera d'arte in danno dello Stato. Assolti in primo grado per insufficienza di prove, i quattro furono però riconosciuti colpevoli dalla Corte d'appello, che condannò i Barbetti a 4 mesi di reclusione e don Nargni a 2 mesi. La Cassazione rimandò i quattro alla Corte d'appello di Roma, che li assolse tutti con formula piena. «E gli avvocati del Getty — spiega Berardi — oggi si chiedono che cosa noi si reclami, visto che lo Stato italiano mai si costituì parte civile in quei processi».
Una denuncia anonima aveva causato l'intervento dei carabinieri in casa di don Nargni. «Ai militari—racconta Berardi—la perpetua del sacerdote, Giselda Gaggini, rivelò che la statua fu portata nella canonica da Pietro e Fabio Barbetti e per qualche tempo custodita nella casa. Fatto confermato anche dal sacerdote. Pietro Barbetti, poi, disse di aver prestato i 3 milioni e mezzo dell'acquisto al cugino Giacomo, il quale affermò di aver venduto, per 4 milioni, la statua a un milanese di cui non conoscevano il nome. E don Nargni disse che alcuni esperti la considerarono un falso. Tuttavia, secondo alcuni "si dice", la statua partì per il Brasile in una cassa di medi-
cinali diretta a un'iniziativa religiosa in cui operava una persona legata ai Barbetti. Un'uscita dall'Italia illegale».
Ora, dopo anni di omertà, viene alla luce un fatto. Racconta Berardi: «Rinvenni un pezzo della concrezione che si era staccata dalla statua durante il dissotterramento dal campo di cavoli. Era stata regalata a Elio Celesti, professionista e politico fanese, che su mia segnalazione la consegnò al procuratore della Repubblica di Pesaro, Savoldelli Pedrocchi. L'analisi dell'Istituto del restauro confermò che la concrezione era stata a contatto con una lega metallica rame-stagno. Tutto questo è il passato, che gli americani non contestano, come invece ha sempre fatto Jiri Frel, direttore del Getty. L'avvocato del museo, Ronald Olson, oggi sostiene che la pesca avvenne in acque internazionali e che il Getty Museum si attivò per l'acquisto quando le pratiche giudiziarie si erano concluse e l'opera era sul mercato internazionale».
Dicendo questo, tuttavia, l'avvocato Olson ammette che l'Atleta di Lisippo proveniva dall'Italia. Non bisogna dimenticare, però, che nel nostro Paese mai c'è stata una qualche condanna per esportazione illegale: e Olson afferma che il diritto consuetudinario sosterrebbe la restituzione solo in caso di violazione delle norme sulla esportazione.
Precisa, però, Berardi: «II nostro governo cita una norma del diritto della navigazione, per cui le navi battenti bandiera italiana equivalgono, in alto mare, allo stesso territorio nazionale. E quindi, qualunque bene proveniente dai fondali marini appartiene all'Italia. Come l'Atleta di Lisippo».
Però Berardi ha in mano una soluzione per dimostrare come l'opera sia, come stabilisce l'Onu, patrimonio dell'umanità da conservare nel Paese di provenienza. Se si trovassero i piedi del Lisippo, staccatisi quando la statua fu issata a bordo, la difesa a oltranza degli americani subirebbe un duro colpo, perché i due pezzi non si potrebbero tenere separati. «Sarebbe—dice sorridendo—come il presepe senza Gesù bambino. E allora, spetta alla nostra marina militare fare ricerche, in collaborazione con i croati, nel luogo del ritrovamento, a 75 metri di profondità. Un'operazione neppure tanto difficile. Se si trovano i piedi del Lisippo, il ministro Rutelli avrà anche la statua senza troppe difficoltà».

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