GAROFALO, tra i colori del raffaello ferrarese

La Repubblica 03.04.2008
GAROFALO, tra i colori del raffaello ferrarese
Con 70 opere, le più importanti arrivano dalla Russia, comincia l´avventura della Fondazione Ermitage Al Castello Estense si apre sabato la grande retrospettiva dell´artista
Con «Garofalo. Pittore della Ferrara Estense» comincia la grande avventura italiana della Fondazione Ermitage, costituita poco più di sei mesi fa. La mostra, che apre sabato negli affascinanti e simbolici spazi del Castello Estense, sede d´onore della stessa Fondazione, vuol essere un omaggio alla città emiliana, scelta come sede italiana del grande museo russo, e al contempo un omaggio all´età rinascimentale che vide Ferrara tra le principali capitali culturali d´Europa. Ecco perché i curatori dell´evento - Tatiana Kustodieva e Mauro Lucco - hanno scelto Benvenuto Tisi detto il Garofalo, il «Raffaello ferrarese» secondo la definizione dei suoi contemporanei, artista di spicco della corte estense, morto cieco nel 1559, all´età di 78 anni. Fino ad oggi non era mai stato al centro di una vera retrospettiva come questa, che è supportata da grandi prestiti a cominciare, ovviamente, da quelli dell´Ermitage di San Pietroburgo.
Sono settanta le opere che raccontano la sua capacità di assimilare le novità coloristiche di Giorgione, l´attrazione per il classicismo raffaellesco, la curiosità per le novità introdotte da Giulio Romano e Girolamo da Carpi. Provengono dalle istituzioni di mezzo mondo anche se appartengono proprio alle collezioni del museo russo le «meraviglie», tre eccezionali dipinti di grandi dimensioni, realizzati da Garofalo intorno al 1530 per il convento di San Bernardino, il monastero acquistato da Lucrezia Borgia per la nipote Camilla: Le nozze di Cana, la Via Crucis e un´Allegoria del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Quest´ultima tela è una variante di un analogo soggetto custodito nella Pinacoteca di Ferrara, ed è poco conosciuta: per più di cinquant´anni l´opera, accesa dai bianchi, dai rossi, dagli azzurri, è rimasta arrotolata e solo quest´anno, dopo un accurato restauro, è tornata ad essere esposta al pubblico. Ma è arrivato dopo un viaggio di migliaia di chilometri, quindicimila, anche il quarto dipinto della serie: La moltiplicazione dei pani e dei pesci che nel 1931 fu trasferito dall´Ermitage al Museo di Belle Arti dell´Estremo Oriente, in Siberia, nella città di Khabarovsk, dove si trova tuttora. E non manca La Deposizione, il primo dipinto del Rinascimento italiano giunto in Russia ancora regnante Pietro il Grande, all´epoca attribuito a Raffaello.
Dunque ci sono legami «ideali» assai stretti tra il Garofalo e la Russia. Ribadisce Mauro Lucco, il curatore: «La mostra nasce proprio da queste coincidenze: il Garofalo fu il primo artista rinascimentale ad entrare nelle collezioni reali russe. Pochi mesi fa l´Ermitage gli ha dedicato una piccola mostra perché dopo cinquant´anni sono state restaurate le tele provenienti da San Bernardino, rimaste arrotolate nei depositi. Questa era l´occasione per farle vedere in Italia».
Ma è o è stato giusto sovrapporre il Garofalo a Raffaello?
«Se in realtà sta chiedendo: Garofalo è grande come Raffaello? La risposta è no. Raffaello è una delle primissime stelle del firmamento italiano. E´ una stella polare - non la stella di una costellazione come Garofalo, che è un artista di seconda grandezza ma bello, interessante. La nomea di Raffaello ferrarese viene fuori dal clima vissuto tra il Sei e il Settecento, dalla riscoperta delle singole individualità».
Voi cosa avete scoperto di Garofalo preparando questa mostra che è la prima grande retrospettiva dedicata all´artista?
«Non è una retrospettiva completissima. Rispondo con una metafora: abbiamo un puzzle, che è la carriera di Garofalo, composto da diecimila pezzi. Noi possediamo solo 5.673 pezzi sistemati in disordine. Se riusciamo a metterli in ordine garantiamo la leggibilità del disegno. Questo è quello che abbiamo cercato di fare. Non ci sono novità eclatanti o scoperte che sconvolgono la storia dell´arte. Ma ora riusciamo a leggere il percorso del Garofalo, vediamo come si è confrontato con altri artisti. Il nostro è stato un lavoro sottile. Garofalo è stato un uomo dalla vita normalissima, che ha cercato di fare bene il suo mestiere, in maniera assai civile. Ha dipinto bene, ha soddisfatto le esigenze delle comunità religiose di Ferrara. E´ vero che ha eseguito quasi sempre pale d´altare mentre Dosso realizzava opere più fantasiose, più eccitanti per il Duca. In un certo senso Garofalo è stato il contraltare di Dosso Dossi».
Più intimistico e religioso rispetto a Dosso?
«Intimistico no, ma religioso si. I committenti richiedevano pale d´altare e Garofalo soddisfaceva questa esigenze. Nella seconda metà del Quattrocento Ercole d´Este aveva messo in opera uno dei progetti urbanistici più ambiziosi dell´epoca, aveva costruito una nuova parte di città, dove furono innalzate tante chiese, bisognose di arredi, di pale d´altare. Garofalo rispose al meglio a queste domande del mercato».
Va messo tra i pittori «bigotti»?
«Ma se un artista incontra un duca bigotto che commissiona opere a carattere sacro perché poi deve essere definito bigotto? Eppure è quanto scrisse Roberto Longhi e ben presto divennero pittori da non considerare. Ma se uno guarda con attenzione scopre, ad esempio, che Domenico Panetti, il massimo del bigotto, nel 1497 copiò delle incisioni che Dürer aveva realizzato solo un anno prima. Quanti altri pittori avevano questa sensibilità, intelligenza, queste informazioni? Garofalo fece esattamente lo stesso. Era un allievo del Panetti e aveva la stessa strumentazione della bottega del maestro. Panetti copiò in un suo quadro dei dettagli di un´incisione di Dürer, successivamente li ritroviamo anche in un dipinto del Garofalo. Ci sono riprese da Dürer in molti dei dipinti giovanili del Garofalo ma non c´è da meravigliarsi e non è una banalità. E´ un modo, un mezzo per capire, uscire dalla confusione che spesso troviamo nel mondo dell´arte».
Un inedito c´è, ben pochi hanno visto il dipinto di Khabarovsk.
«Per farlo arrivare è stato mobilitato il ministero delle catastrofi, il corrispondente della nostra protezione civile. Solo loro hanno un aereo sufficientemente grande per trasportare in sicurezza il dipinto, che è tre metri di altezza per 2,5 di lunghezza. Faceva parte della collezione di Papa Pio VI, a Palazzo Braschi, a Roma. Arrivò in Russia nel 1840 per volontà dello Zar Nicola I assieme ad altre tre tele del complesso iconografico di San Bernardino, anche queste ora esposte a Ferrara. Ma ci sono molti quadri mai visti dal grande pubblico. Questa mostra è davvero un´occasione unica».

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