La prossima sfida: ricostruire la «società della conoscenza»

l’Unità 10.4.08
Matteo Merzagora e Paola Rodari analizzano il rapporto tra le istituzioni museali scientifiche e la comunicazione oggi, un dibattito che può aiutare l’Italia ad uscire dal declino
La prossima sfida: ricostruire la «società della conoscenza»
di Luigi Amodio

Tra i tanti temi posti all’ordine del giorno dal bel libro di Matteo Merzagora e Paola Rodari su musei, science centre e comunicazione, La scienza in mostra (Bruno Mondadori), ne coglierei qui uno che, in particolare, ritengo vada ripreso nel dibattito sul ruolo delle istituzioni museali scientifiche e la comunicazione della scienza oggi. E, precisamente, il tema della transizione - ormai compiuta - dalla dimensione accademica della scienza a quella condizione che molti definiscono oggi «post-accademica».
Molto in sintesi, la scienza accademica è ciò a cui, usualmente, pensiamo quando utilizziamo il termine «scienza pura» o «scienza in generale», quella che emerge nel corso della rivoluzione scientifica del XVII secolo e le cui norme - formalizzate da Robert Merton - sono ben note: comunitarsmo, universalismo, disinteresse e umiltà, originalità, scetticismo. L’avvento della scienza post-accademica - che emerge nel secondo dopoguerra e diviene evidente in tempi sostanzialmente recenti - dipende sia da fattori esterni alla scienza così come da ragioni interne e cioè da un progresso scientifico e tecnologico sempre più rapido e dalla sempre maggiore interdipendenza tra scienza e tecnologia. Come dice il fisico John Ziman, le caratteristiche di questa nuova condizione della scienza sono: collettivizzazione, limiti allo sviluppo della scienza, sfruttamento della conoscenza, politicizzazione della scienza, industrializzazione, burocratizzazione.
Ma ciò che ci interessa maggiormente, in questo contesto, è che la pluralità di attori partecipanti al lavoro scientifico, nella dimensione post-accademica è sempre più vasta, sino a poter dire che le relazioni tra scienza, politica, industria, pubblico, divengono del tutto interne al «farsi» della scienza stessa; sono, insomma, attività rilevanti per il suo stesso sviluppo.
Se tutto ciò è vero, come molti ritengono, e se è altrettanto vero che la diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione garantisce una circolazione del sapere impensabile fino a pochi anni addietro, è possibile allora immaginare che la cultura scientifica venga messa a sistema in una prospettiva che, di queste trasformazioni radicali, tenga sempre più conto.
Ragionare su questi temi oggi non solo è possibile, come dimostra la massa critica di esperienze, studi, buone pratiche documentate da Merzagora e Rodari; ma è certamente necessario, proprio perché la reazione al declino italiano (documentato nel bel volume di Pietro Greco e Settimo Termini, Contro il declino, Codice Edizioni) parte proprio da qui: dalla ricostruzione, cioè, di una cittadinanza all’altezza della «società della conoscenza».
In tal senso, l’azione di identificare e promuovere strumenti - come appunto i musei e i science centre - che rafforzino il legame tra scienza e società; di costruire nuove agorà per favorire questo legame; di reindirizzare l’attuale crisi delle carriere scientifiche, rafforzando l’educazione scientifica e garantendo la competitività futura del paese puntando su ricerca e sviluppo, si fondono un unico obiettivo da perseguire. E c’è da scommettere che molti - rappresentanti del mondo imprenditoriale, ricercatori, professionisti della comunicazione scientifica e dell’educazione - sono pronti a impegnarsi e a raccogliere la sfida.
*Direttore della Fondazione IDIS-Città della Scienza, Napoli, Direttore del Science Centre di Città della Scienza, Napoli, Docente di Comunicazione museale all’Università Federico II di Napoli

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