Venezia, già Disneyland 300 anni fa

Corriere della Sera 12.3.08
Da un dipinto del Canaletto a una foto odierna: lo sguardo di uno scrittore
Venezia, già Disneyland 300 anni fa
Nel '700 non contava più nulla e puntò sull'immagine. Il destino dell'Italia?
di Tiziano Scarpa

Mettete a confronto queste due immagini. Apparentemente le differenze sono molte. I capannelli di uomini in tabarro e parrucca nel dipinto di Canaletto potrebbero essere nobili che tessono alleanze politiche a due passi dal Palazzo Ducale, prima di una votazione del governo della Serenissima. Quelli nella foto sono turisti che ascoltano una guida e rimirano il panorama della Giudecca sulla linea dell'orizzonte. Le navi che affollano il bacino san Marco nel dipinto di Canalettto trasportano merci, mentre i vaporetti contemporanei trasportano turisti. Il fermento produttivo odierno sembra ridotto alla manutenzione dell'esistente; le impalcature sulla cupola della Basilica della Salute e le gru non stanno costruendo nulla di radicalmente nuovo: restaurano. Quella di Canaletto è una città viva; quella della foto scattata in questi giorni è una città fossile. Eppure, le due immagini sono molto più vicine nella sostanza di quanto possano far pensare i tre secoli che le separano. La Venezia di Canaletto fa il primo passo di quell'itinerario storico che sta percorrendo ancora oggi. In queste due vedute è ben riassunta la sorte di una città del tutto speciale, ma forse anche il destino di un'intera nazione, l'Italia. Diventare un posto che a poco a poco venderà soltanto gite, vacanze, pellegrinaggi culturali, senza produrre nient'altro che la propria immagine.
Mentre Canaletto dipinge, in giro per gli oceani i grandi stati europei razziano, impiantano colonie, commerciano, accumulano ricchezze enormi. Venezia ha perso da tempo l'egemonia persino sul suo piccolo mare. Nel Mediterraneo orientale, le navi mercantili inglesi e addirittura tedesche sono più numerose di quelle veneziane. È in quei decenni che Venezia diventa una specie di laboratorio postmoderno ante litteram, un'avanguardia dell'intrattenimento: qualcosa a metà fra Las Vegas, Hollywood, Disneyland, Broadway, Pompei e una savana abitata da indigeni pronti a fare la danza della pioggia a comando davanti alle macchine fotografiche dei turisti. Venezia commercia sempre meno, ma si inventa una merce nuova: sé stessa. Comincia a vendere spasso, case da gioco, prostituzione, spettacoli di alto livello culturale, concerti e opere liriche nei primi teatri al mondo aperti pubblicamente a spettatori paganti. Venezia inventa la società dello spettacolo.
È una strategia di sopravvivenza. Ma per non morire il prezzo da pagare è alto. Il drastico ridimensionamento delle ambizioni politiche è arcinoto; dopo la scoperte del Nuovo Mondo, che cosa è successo lo sanno anche i bambini delle elementari. In arte, la città diventa sempre più autoreferenziale. Finora abbiamo dato uno sguardo ai dettagli del dipinto di Canaletto. Ma domandiamoci innanzitutto perché esiste un'immagine simile, che cosa l'ha prodotta. Prima di Canaletto, Venezia aveva espresso artisti dal profondo contenuto filosofico, pittori teologi che avevano dato la loro interpretazione personale delle ideologie al potere: Carpaccio, Bellini, Giorgione, Tiziano, Veronese. Da Canaletto in poi invece Venezia sembra ripetere sempre la medesima parola: Venezia, Venezia, Venezia. I committenti forestieri richiedono all'arte e alla cultura di questa città di recitare sé stesse. Dalle architetture agli abitanti, tutti debbono mettersi in posa per il souvenir. Non è un caso che Canaletto utilizzi la camera ottica, un dispositivo per schizzare con maggiore fedeltà il panorama: è il capostipite delle migliaia di fotografi turisti, il fondatore del paesaggio come cartolina. All'artista non si richiede più la potenza di un'idea visionaria, ma una rappresentazione quanto più accuratamente dettagliata, in modo che il visitatore forestiero possa indugiare nelle decine di piccoli particolari, godendosi il colore locale della città, le sue idiosincrasie graziosamente complesse.
Chi è che sta guardando il dipinto di Canaletto? Qual è lo sguardo che, pagandola, ha generato questa immagine? Rispondere che si tratta dei prototuristi, i ricchi girovaghi del Gran Tour, non basta. È la nuova civiltà dell'Europa continentale che contempla Venezia, sentendosi ormai superiore a questa città decaduta economicamente e politicamente: può permettersi di chiederle di mettersi in posa, di impersonare tutte le sue peculiarità sociali così deliziosamente bizzarre, così innocuamente sorpassate. In una parola: la esotizza. Questo quadro è una vendetta dell'Europa su Venezia.
Un altro dettaglio accomuna il dipinto e la foto. È uno dei simboli massimi della venezianità, elegantissimo o sommamente lezioso, a seconda dei gusti: la gondola. Mezzo di trasporto funzionale, capolavoro di ingegneria nautica, all'epoca di Canaletto ha già cominciato a intridersi delle caratteristiche folcloristiche che finiranno per avere il sopravvento. Che meta offre, oggi, la gondola, se non sé stessa? I veneziani come me obietteranno giustamente che esistono ancora le gondole che per cinquanta centesimi di euro ti portano dall'altra parte del Canal Grande, in due minuti. Ma le gondole che tutto il mondo conosce sono quelle che offrono un'esperienza estetica quasi autistica: non servono a trasportare da un punto all'altro, ma a far provare l'emozione di andare in gondola, c'est tout. È il destino di Venezia, o dell'Italia intera?
❜❜ L'Europa si vendicò della Serenissima e la costrinse a mettersi in posa. Nacque così l'idea di una città postmoderna Ieri e oggi.

Commenti

tino ha detto…
Caro Francesco sono contento che tu abbia conservato per gli utenti internet l'articolo di Tiziano Scarpa. Penso che solo lui e te e me la pensino in questo modo sui disastri della imperante società dello spettacolo.

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