Stendhal. Passioni e sorprese d’amore

La Repubblica 22.3.08
Stendhal. Passioni e sorprese d’amore
Le opere raccolte nei Meridiani
di Daria Galateria

A quindici anni si innamorò furiosamente di Mademoiselle Kubly, ma quando la vide venire verso di lui si sentì svenire e scappò via
La deliziosa Lamiel paga un ragazzino per conoscere il sesso e ne fu delusa

Mademoiselle Kubly, la cantatrice, era così giovane, che aveva i seni ancora immaturi. Ciononostante Stendhal, a quindici anni, se ne innamorò furiosamente; prese lezioni di musica, e era sempre a teatro; un giorno che passeggiava tra i castagni del Jardin de Ville di Grenoble, la vide apparire; veniva verso di lui. Stendhal si sentì svenire, girò sui tacchi e scappò. Così, due anni dopo, nel 1800, era ancora alle prime armi quando in Italia conobbe il battesimo del fuoco e dell´amore.
«E´ tutto qui?», pensò - o comunque, è quello che scrisse nell´autobiografica Vita di Henry Brulard. La traversata del San Bernardo, tra i ghiacci e la nebbia, era stata ardua, e specie la discesa; il giovane soldato dell´Armata d´Italia si espose al fuoco sull´Albaredo («era una specie di verginità che mi pesava come quell´altra»); erano tutti ventenni dietro a un generale di 27; lui vide forse Napoleone per la prima volta. Stendhal parlava ai curati in latino, e imparava l´italiano; il Matrimonio segreto di Cimarosa lo abbagliò; e poi il sole, le milanesi: «il più bel momento» della vita. Eppure, nello stesso passaggio dell´Henry Brulard, dichiarerà di non ricordare in quale bordello, e con chi, aveva perso in quei giorni l´innocenza.
Ripensa a quella frase («E´ tutto qui?») Mariella Di Maio, concludendo la magistrale cura dei tre volumi di Romanzi e Racconti di Stendhal (il terzo Meridiano esce ora da Mondadori, con la Certosa, le Cronache italiane e Lamiel tradotti con estro stendhaliano da Maurizio Cucchi, pagg.1535). E accosta quelle parole alla risata «cristallina e metafisica» della deliziosa, ingovernabile Lamiel, la contadinella dell´ultimo romanzo di Stendhal, quando paga un ragazzino per conoscere l´amore: «Voglio essere la tua amante»; «Ah, allora è diverso» disse Jean, agitato; e così, senza trasporto, senza amore, il giovane normanno fece di Lamiel la sua amante. «"Non c´è nient´altro?", chiese la fanciulla; "No", rispose Jean».
Lamiel («possibile? L´amore è solo questo?») dà cinque franchi al «povero Jean», poi si siede a terra: «si asciugò il sangue e non prestò attenzione al dolore. Poi scoppiò a ridere, ripetendosi: Ma come! Il famoso amore è tutto qui?!». Questa scena «insopportabile» salda tanti conti di Stendhal: la rievocazione della giovinezza, nell´attimo di più forte cristallizzazione mitica, e la noia presente, «che rende possibile il komico»(sic); l´amore degradato da un riso beffardo, pur se appunto argentino - è un po´ il finale dell´Education sentimentale di Flaubert: il momento più bello della vita è stato, per il protagonista, la prima visita a una casa d´appuntamenti, un mazzo di fiori di campo in mano. Naturalmente, anche per Lamiel Stendhal prevedeva l´amour - passion - come poteva essere altrimenti, per il «tenero amico delle donne» (Simone de Beauvoir)? Ma per le anime femminili, energiche e forsennate non ci sono più amori carbonari, guerre e rivoluzioni.
Lamiel si innamora di un bandito. Il bandito ha un modello: Lacenaire. Dandy pluriassassino, e senza motivo, Lacenaire non si scompose, quando nel 1836 fu ghigliottinato. Per tutto il 1835, in un seguitissimo processo, Lacenaire aveva «intenerito il secolo» con le sue parole «fredde e colorate». I morti della rivoluzione di Luglio, in un lustro, erano già diventati ridicoli, aveva affermato. Le rivendicazioni sociali, e la «rivolta, con tutta la sua nostalgia di una morale» (Baudelaire) diventavano, con lui, e all´epoca del re borghese, vendetta solitaria. Svanite le fulminanti carriere napoleoniche, i falliti d´ingegno del 1830 sentono che la fortuna non si può più strappare con un gesto d´energia, e mimano, con l´atto disperato del crimine, l´illegalità rivoluzionaria. Tra il 1839 e il 1841, l´incantevole Lamiel non conclude la sua carriera libertina, né Stendhal il suo romanzo: però lo scrittore annota, del bandito che Lamiel ama: «tre omicidi senza motivo (come Lacenaire)».
Questo romanzo ferisce perché Stendhal non usa qui il suo prestissimo per suscitare con vertiginosa sobrietà di mezzi le forsennate passioni. Il romanticismo va scolorando, e anche la grazia del razionalismo settecentesco. Stendhal si sta davvero misurando col nuovo secolo; «diventeremo una borghesia rispettabile», assicura Sansfin, il dottore gobbo che istruisce Lamiel: eppure è in atto, in quel momento, un´insurrezione. Per questo si cerca di non pensare a Lamiel, che è un romanzo bellissimo, ma che prende alla gola, perché Stendhal - che alle ultime pagine ha già avuto un colpo apoplettico - mette il cuore al ritmo di un´epoca indigente. Mariella Di Maio raccomanda di rileggere la «prima volta» di Lamiel, e tutto il romanzo: Stendhal vi «lascia deflorare il suo immaginario romantico dell´Eros», e così di nuovo ci stupisce come «grande (forse il più grande) narratore realista».
Diceva Stendhal che la sua vita morale era iniziata a sette anni, nel 1790, quando la madre era morta di parto; aveva cominciato allora a «dire male di God». Così, per tutta la vita si era divertito a costernare i moderati con discorsi giacobini, e mille mistificazioni. Nel «nido di rondine» di Civitavecchia, dove era console, gli era venuta a mancare anche questa risorsa. Ma alla Biblioteca Vaticana aveva scoperto dei manoscritti italiani del Cinquecento, che fece copiare. Erano storie sanguinarie di incesti, vendette, fughe, veleni, adulteri. Se ne ispirò per molte novelle; e per la Certosa. Per Lamiel, Stendhal non ha una fonte cronachistica, ma un personaggio, Lacenaire appunto - e anche Lamiel è il romanzo di un personaggio. L´ultima, grandissima stagione di Stendhal narratore stava chiudendosi. «Trovo che non ci sia niente di ridicolo a morire per strada se non lo si fa apposta», aveva scritto Stendhal a un amico, l´8 aprile 1841. Un anno dopo successe, alle 7 di sera, in una via di Parigi.
Eppure a luglio lo scrittore aveva conosciuto ancora «un´oasi».
Era arrivata a Civitavecchia, con una lettera di raccomandazione per il console, la moglie di un pittore, Cecchina Bouchot. Era figlia di un famoso cantante, era alta e bruna, un viso «italiano»; voleva far bagni di mare. Stendhal le fece leggere la Certosa, e conversò - quello che più gli mancava di Parigi. Un giorno lei lo accolse in un déshabillé così eloquente che il console - intimidito dal fisico appesantito, dai suoi 58 anni, e dall´attacco che, mentre scriveva sul caminetto Lamiel, lo aveva fatto quasi precipitare nel fuoco - fu costretto a farla capitolare.

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