Legge 40, la madre di tutte le ingerenze

Legge 40, la madre di tutte le ingerenze

di Micaela Bongi

Il Manifesto del 08/03/2008

Dalla discussione parlamentare sulla procreazione assistita alla moratoria sulla 194: le tappe di un'offensiva che tutela l'embrione per azzittire le donne. Come le sirene della Cei incantarono il coro stonato del Partito democratico

Il 2 febbraio 1999, nell'aula di Montecitorio, accade quello che secondo l'allora capogruppo leghista, Alessandro Cé, «avrà conseguenze enormi». Una maggioranza trasversale approva un emendamento alla proposta di legge sulla procreazione assistita che introduce il diritto soggettivo del concepito. Se non fosse già chiaro, è ancora Cè a spiegare: «Questo significa che l'embrione ha gli stessi diritti del bimbo appena nato». L'emendamento non passerà, perché salterà l'intero articolato del provvedimento. Ma le «conseguenze » non si faranno attendere. Proprio dalla discussione di quella che solo nella successiva legislatura diventerà la proibitiva legge 40, parte infatti l'offensiva che si dispiega ancora oggi. Mentre va in scena lo scontro di fine millennio tra i futuri soci del Pd, i popolari che mandano all'aria il fragile compromesso raggiunto sulla fecondazione assistita e lo stato maggiore diessino, responsabile a sua volta di svariate manovre per nascondere le divisioni sulla legge in prossimità delle scadenze elettorali, dietro le quinte la chiesa non sta a guardare. E anzi, con le sue continue ingerenze, alimenta le tensioni che tengono in continua fibrillazione l'allora maggioranza di centrosinistra. Il tentativo di regolamentare il «far west» procreativo (come lo chiamano a destra e a sinistra), per le gerarchie ecclesiastiche è un'occasione ghiotta non solo per mettere in discussione la legge 194, seppur chiedendo la sua piena applicazione e solo più recentemente, con il nuovo capo dei vescovi Angelo Bagnasco, auspicandone la revisione. Ma per porre le basi dello «scontro di civilità» sulle cosiddette questioni eticamente sensibili, compresa la ricerca scientifica, e provocare un arretramento politico e culturale nel campo dei diritti. L'esito del referendum per abrogare parzialmente la legge 40 - incassato dall'astensionista Camillo Ruini, allora presidente della Cei - dando vigore all'offensiva dell'episcopato italiano condizionerà infatti anche il recente dibattito sulle coppie di fatto, finito in una bolla di sapone, e il suo corollario che comprende le cosiddette norme antiomofobia inserite nel decreto sulle espulsioni varato dall'ultimo governo Prodi e poi cancellate dalla furia dei teodem capeggiati da una vecchia conoscenza di don Camillo, Paola Binetti. Il terreno per un più vigoroso attacco anche alla legge 194 e al primato della donna sulla procreazione è così arato. L'ascesa al soglio pontificio di Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede con il quale vantano una certa assiduità i teocon nostrani tipo Marcello Pera, nel frattempo ha rfforzato l'oltranzismo di Ruini. Il Foglio di Giuliano Ferrara, quello che lancerà la proposta dimoratoria dell'aborto proponendo un'odiosa analogia con la pena di morte e passando così dalla difesa di una legge punitiva per le donne come quella sulla procreazione assistita alla loro criminalizzazione, è in prima linea insieme alla Cei. Ma le sirene in abito talare hanno molte orecchie attente al loro richiamo. Se Silvio Berlusconi, nel corso della lunga vicenda che approderà al referendum del 12-13 giugno 2005, da una parte cerca di restare defilato, dall'altra con il suo governo si costituisce in giudizio presso la Corte costituzionale per impedire che il referendum si svolga, il leader della Margherita Francesco Rutelli, attuale candidato al ritorno in Campidoglio all'ombra del cupolone, dimostra ancora una volta di aver imparato bene la tecnica della genuflessione. Quando, alla fine del 2003, il parlamento approva la legge 40, la Margherita è nella bufera: il gruppo della camera dà libertà di voto, quello del senato, dopo una tesissima riunione, decide di dire sì al provvedimento (masi contano moltissime defizioni) secondo l'indicazione del leader che ritiene «la legge migliorativa di un inaccettabile far west». Il miglioramento possibile lo descrive nell'aula di palazzo Madama Giulio Andreotti: «Vedo una disarmonia tra la tutela e il riconoscimento degli embrioni e il fatto che fino a quattro mesi il concepito possa essere mandato al creatore a norma di legge». Ottimo viatico per il Quirinale, oggi o domani. In vista del referendum, se Romano Prodi, dissociandosi dalla campagna astensionista, annuncia che si recherà alle urne «da cattolico adulto » (ma senza spiegare se il suo sarà un sì o un no ai quesiti referendari), è ancora Rutelli a annunciare che «la legge non è perfetta, ma io mi asterrò». La stessa posizione di Ruini e dei suoi supporter, tra i quali si fanno notare gli animatori del Comitato scienza & vita presieduto da quella che su questioni «eticamente sensibili» e diritti civili detterà legge nell'Unione a palazzo Madama, dove la maggioranza è sempre appesa a un filo: Paola Binetti, eletta senatrice proprio grazie a Rutelli. Il resto è cronaca recente. La telenovela dei Dico diventati Cus e poi tramontati insieme al governo Prodi. La bocciatura del registro delle unioni civili da parte del comune di Roma guidato da Walter Veltroni - lo stesso Veltroni che, allora segretario dei Ds, durante la conferenza delle donne diessine del marzo 1999 aveva aperto all'accesso delle single alla procreazione assistita. E Giuliano Ferrara impazza con il suo «aborto no grazie». Il ministro degli esteri uscente Massimo D'Alema sostiene che una conferma dei socialisti alle elezioni spagnole darà slancio al Partito democratico. Ma Zapatero è sempre più lontano.

Commenti

aaa ha detto…
legge40toccala.blogspot.com

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