Tiziano: Quel ruggito del Grande Vecchio

Corriere della Sera 2.2.08
Anziani d'assalto La sua prolificità viscerale è paragonabile solo a quella di Picasso
Quel ruggito del Grande Vecchio
di Philippe Daverio

A 80 anni e oltre, Tiziano risolve la sua pittura a pennellesse, a spatolate, se non addirittura a manate vere e proprie

Tiziano morì molto vecchio: secondo la famiglia e lui medesimo era pressoché centenario, secondo la storiografia moderna ultra ottuagenario, il che è comunque una bella età. Lui si tirava avanti gli anni come fanno talvolta gli uomini maturi per calcare la loro autorevolezza e lo faceva forse pure per intenerire l'animo impossibile e parsimonioso di Filippo II quando gli scriveva che non era corretto non pagare un povero vecchio in miseria.
In miseria non lo era affatto, proprietario d'una duplice fabbrica di pitture, a Venezia quella centrale, e per i clienti del Veneto quella in Cadore, dove gestiva le altre sue fabbriche, quelle di legname che era poi la materia prima per l'arsenale di Venezia e per i pali della laguna. La mostra di Venezia è un riassunto di questi ultimi anni di produzione dell'artista e un riassunto pure della medesima mostra già allestita a Vienna. Rispetto a quella originaria la presente offre un allestimento molto più adatto alla lettura delle opere, perché le illumina meglio, avvicina il visitatore e colloca le varie tele in un confronto stimolante. Il che ne fa un itinerario adatto all'indagine curiosa, che è poi quella sulla creatività d'un vecchio. Molti artisti vanno avanti negli anni con una inesorabile decadenza della mano pittorica e della grinta espressiva. Tiziano invece porta alle ultime conseguenze il suo fare, verso un parossismo che ha per similare solo quello di Pablo Picasso. Quel suo modo materico, che origina forse dalla breve stagione giovanile col Giorgione, viene portato fino al limite d'una pittura risolta spesso a pennellesse, a spatolate se non addirittura a manate vere e proprie, con tele che vengono lasciate seccare per intervenirvi successivamente. La qualità espressiva dei fondi e delle ombre viene rialzata con gesti rapidi di luce o di colore che non chiedono nulla ad un disegno preesistente perché sono le pennellate stesse a generare le forme impastando la materia. E' già inventato il trucco magico che segnerà la pittura dei secoli successivi fino a Goya, Manet e agli impressionisti. Nessun artista futuro potrà sentirsi indifferente alla vista dei suoi lavori ultimi. In quanto a lui l'energia che continua a sprigionare lo porta naturalmente a combinare i due temi fondamentali della riflessione, la morte e l'eros, la fede e la carne, la cristianità e Ovidio. Sicché le metamorfosi e i complicatissimi amori di Giove fra carni femminili che anticipano le ricchezze lipidiche di Rubens si combinano con le sofferenze di Cristo che indicano la strada al suo discepolo, Il Greco. Il Veneto di campagna, anzi di montagna, conquista la Venezia cittadina e la tradizione formidabile del disegno e della velatura è definitivamente abolita. Il segreto della pulsione vitale interrotta solo dalla peste, ma capace nei giorni della peste e della vecchiaia di compiere l'ultimo miracolo della Deposizione? Nessun intellettualismo, solo visceralità, come in Pablo Picasso appunto.

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