S.O.S. aborto


S.O.S. aborto

L'Espresso del 8 febbraio 2008, pag. 62

di Daniela Minerva
La pressione cresce. Prima Giuliano Ferrara, nel dicembre scorso, e la sua richiesta di "grande moratoria" sull’aborto, seguita dalla proposta di Sandro Bondi di modificare la legge 194. Poi i baroni romani che chiedono di rianimare i feti abortiti senza il consenso dei genitori. E Benedetto XVI che da quando siede sul soglio pontificio non passa settimana senza ricordare che la vita va salvaguardata anche prima della nascita. Circondato dai suoi vescovi: in realtà i primi, nell’agosto del 2007, a chiedere esplicitamente, sul loro quotidiano "Avvenire", una revisione della legge 194. Tutti uomini, devoti, arcigni e minacciosi. Tutti a criminalizzare, gettando luci sinistre sul dibattito politico, le donne, già devastate dal più grande dei dolori, l’interruzione volontaria di una gravidanza. E c’è già chi non può fare a meno di pensare al peggio: «La cambieranno, peggiorandola». E allora? Ma perché? E inevitabile? Davvero niente può fermare le logiche della politica e della demagogia che colpiscono la carne viva delle coppie? Anche se solo poche settimane fa nessuno pensava di dover porre queste domande, così semplicemente, senza ricamarci sopra con i "se" e i "ma anche", ora, con questo crescendo di crudeltà politiche e opportunismi medici, forse conviene porsele. Noi ne abbiamo parlato con Emma Bonino, ministro del governo Prodi e deputato della Rosa nel pugno.

Emma Bonino, pensava di trovarsi, trent’anni dopo, a ridiscutere della legge 194?
«Sono fuori di me. Tutto questo can can è puramente strumentale perché la questione dell’aborto in Italia è una non-emergenza. La legge funziona, gli aborti diminuiscono».

Perché allora un attacco così violento alla 194?
«Il tema dell’interruzione di gravidanza agita le coscienze individuali. È un tema serio e scomodo, soprattutto per noi donne. O c’è qualcuno che pensa davvero che le donne abortiscano come andare a fare la spesa? Che non sia ogni volta un dramma, un dolore indicibile? E sconcertante come non si tenga conto della sofferenza delle persone, delle difficoltà, ad esempio, di chi sceglie di interrompere una gravidanza, magari molto cercata, perché il feto è malformato. Ma la ragione di un attacco alla 194 è un’altra. E non ha molto a che vedere con i diritti delle donne, con la maternità consapevole, con la salute. E, lasciatemelo dire, nemmeno con il diritto alla vita. Tanto è vero che proprio la 194 ha conseguito la vera moratoria sull’aborto, perché ne ha ridotto drasticamente il numero, eliminando la piaga dell’aborto clandestino. E ancora di più si potrebbe ridurre se l’indignazione dei devoti non ostacolasse politiche di diffusione della contraccezione. Se la Ru486 fosse anche da noi un diritto come lo è in Europa».

L’attacco alla legge non ha a che fare col diritto alla vita, allora con cosa ha a che fare?
«Vedo scatenarsi una cagnara politica, adesso anche sempre più parascientifica, che si sta sviluppando a partire da una provocazione pretestuosa, come quella di Giuliano Ferrara corroborata da omelie che, ancorché autorevoli, non dovrebbero appartenere al dibattito politico. Lo scopo è solo quello di fare una crociata ideologica per portare scompiglio, in particolare nel centrosinistra. Leggo che Ferrara sarebbe pronto a lanciare su questo tema una "lista civetta" di stampo sanfedista, ovviamente per spaccare il Partito democratico».

Il quale, però, non sembra avere in agenda i cosiddetti temi etici. Anzi, sembra evitarli accuratamente.
«Com’è noto, io non frequento il Pd. I suoi dirigenti mi hanno definito "zavorra laicista". Ma io continuo a pensare che ci si debba rispetto. Che in Italia ci sono credenti, non credenti e diversamente credenti. E che il ruolo della politica è quello di trovare le regole in cui ognuno, senza prevaricare, esprime la propria responsabile libertà. Io non credo che sia scomponibile il binomio democrazia e laicità: la democrazia se non è laica non è democratica».

E il Pd non è laico?
«So perfettamente che c’è un dato di compromesso che va perseguito e con il tentativo di Rosy Bindi di scrivere una legge sui Dico mi sembra che fosse stato fatto con grande efficacia. Ma no, non andava bene neanche quello. Perché ormai siamo al paradosso che la libertà è considerata un tema eticamente sensibile».

Cosa è successo? Dove ha sbagliato il popolo dei centrosinistra?
«La miglior difesa è l’attacco. Con Luca Coscioni prima, e Piero Welby poi, andiamo ripetendo e lottando per lo meno dal 2001 per "i nuovi diritti civili". Cercando di far capire che il miglior modo di difendere anche le conquiste storiche dei divorzio e della maternità come scelta fosse appunto quella di occuparsi e imporre una nuova frontiera della libertà responsabile: libertà di cura, di terapia e di ricerca scientifica. Dal corpo dei malati al cuore della politica. Totalmente inascoltati, peggio messi all’indice come se si trattasse di temi disdicevoli per la politica che avrebbe cose ben più alte di cui occuparsi. Noi però non demordiamo: a Salerno, si terrà, dal 15 al 17 febbraio, il VI Congresso nazionale dell’Associazione Luca Coscioni proprio su questi temi. E lo facciamo mentre l’attenzione generale è focalizzata su un nuovo non-problema come la faccenda dei prematuri. lo ho tirato il campanello d’allarme quasi da sola per anni. Perché sono consapevole che, per come è fatto il nostro Paese, se abbassiamo la guardia sui diritti, sulle libertà, è finita».

Perché, come è fatto il nostro Paese?
«E’ fatto con una preponderanza vaticana dietro la porta, e una timidezza della classe politica che mi fa impazzire».

Ha detto che l’appello dei ginecologi romani che invitano a rianimare i neonati prematuri anche contro il volere delle madri è un non-problema. Perché?
«Come dice Umberto Veronesi, il documento non aggiunge nulla di nuovo: si sa già che un neonato prematuro va rianimato. La legge 194 è molto chiara in proposito: quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardarne la vita. Per questo gli operatori della 194 si sono dati da 30 anni delle regole nel rispetto della normativa vigente. E poi, nel merito, bisogna anzitutto partire dai dati. I risultati di un lavoro durato due anni che ha impegnato ben nove società scientifiche, assieme al Comitato toscano di Bioetica e all’Ordine dei medici della Toscana, e presentato nel febbraio del 2006 ha mostrato che il 30-35 percento dei cosiddetti "grandi prematuri" (ovvero di 22, 23 0 24 settimane di gestazione) muore in sala parto; che il 45 per cento circa viene sottoposto a cure intensive e muore durante la terapia; e che la sopravvivenza è del 25 percento. Ma attenzione, il 95 per cento dei prematuri che sopravvivono riportano gravi handicap cerebrali. Alla luce di questi dati una cosa è chiara: non sta a un politico dire se bisogna rianimare o no».

Vuole rimettere tutto nelle mani dei medici?
«Un problema politico c’è: la legge non tutela a sufficienza il medico che si trova ad affrontare certe scelte. Così finisce che molti sottopongono il neonato a tutte le cure possibili, anche se sono consapevoli della loro inutilità, solo perché temono, altrimenti, di essere perseguiti per vie legali. Dico quindi che sarebbe meglio se ci fosse un regolamento che riconosca alla professionalità e alla coscienza del medico la facoltà di decidere caso per caso. Ma che questo va fatto sempre sentita preventivamente la famiglia, che ha l’ultima parola».

Come andrà a finire? La politica cambierà la 194?
«Io invito la politica a non inseguire agende fissate da altri, magari in qualche redazione di giornale, inventando emergenze che emergenze non sono, senza curarsi di quelli che sono i problemi urgenti aperti e non risolti dei nostri giorni. Poi mi auguro che i cittadini italiani sappiano giudicare chi queste convinzioni non è disposto a barattare in cambio di seggi e poltrone. Ma prova a farle crescere nel Paese e a determinare le grandi conquiste civili e politiche in grado di equiparare l’Italia agli standard degli altri paesi europei. Oggi sull’amore, sulla famiglia, sul sesso, sulle cure, sulla morte, sulla riproduzione, sulla vita, pare che per molti benpensanti e atei devoti, la libertà si riduca a mero capriccio, a consumo, desiderio. Cioè a disvalori da denunciare e porre sotto accusa, per magari sostituirli con dogmi di cui si ergono a soli arbitri e custodi».

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