Il controriformismo etico sembra dietro l'angolo
Il controriformismo etico sembra dietro l'angolo
Il Riformista del 11 febbraio 2008, pag. 2
di Marco Cappato
Il successo del partito "alle urne subito", tra le tante iniziative legislative e progetti di governo stroncati, ha fermato anche l'unica speranza di riforma che non era stata - dopo pacs, dico, fecondazione, depenalizzazione delle droghe - definitivamente impallinata dai veti clericali: quella di consentire ai cittadini italiani di veder riconosciute le proprie volontà di cura attraverso un testamento biologico. Gli unici avanzamenti concreti sul piano dell'autodeterminazione del paziente e della libertà, tanto delle scelte di fine vita quanto di quelle di procreazione, sono arrivate in questi mesi dai pronunciamenti - o mancati interventi - della magistratura su casi individuali come quelli di Welby, Nuvoli, Englaro, oppure sui ricorsi di pazienti affetti da malattie genetiche che volevano accedere alla fecondazione assistita. I giuristi che hanno seguito direttamente quelle vicende ne discuteranno in occasione del sesto congresso dell'associazione Coscioni che si terrà a Salerno dal 15 al 17 febbraio, insieme a personalità politiche e parlamentari di entrambi gli schieramenti.
Il Congresso capita a meno di due mesi da elezioni che sembrano destinate a regalarci un Parlamento ancora più ostile dell'attuale all'apertura di nuovi spazi di libertà e responsabilità individuali nel campo della scienza, delle cure e dei diritti civili. Il rischio è quello di passare dalla fase di paralisi a una di vero e proprio controriformismo etico, già scatenatosi con la cosiddetta "moratoria" sull'aborto e le probabili liste di Giuliano Ferrara, che avrebbero come riferimento programmatico quello della tutela della vita "dal concepimento fino alla morte naturale" - dove per "naturale" si intende probabilmente quella morte in mezzo ad atroci sofferenze che si voleva imporre a Welby - e come riferimento politico-istituzionale non solo l'Italia, ma l'Europa e le Nazioni Unite.
Che il terreno di scontro non fosse limitato al perimetro angusto della politica italiana, lo aveva capito anni fa proprio Luca Coscioni che nel 2001 ottenne come candidato radicale il sostegno di decine di premi Nobel di ogni continente. I premi Nobel attorno a Luca divennero un centinaio con la campagna, lanciata in occasione del "Congresso mondiale per la libertà di ricerca" del 2002, contro il proibizionismo mondiale sulle staminali embrionali voluto dal Vaticano in sede Onu. Oggi, la preparazione di un nuovo appuntamento transnazionale per attrezzarsi contro i "fondamentalisti di tutto il mondo uniti" è la priorità obbligata dell'associazione, che deve rinnovare il lavoro comune con scienziati e politici di altri Paesi.
L'associazione Coscioni alla quale sono iscritti anche parlamentari di ogni colore, è anche uno dei soggetti fondatori della Rosa nel Pugno, e il congresso cade in giorni decisivi per le alleanze elettorali del soggetto radicale. Si potrebbe perfino considerare un appuntamento scomodo, per chi ritenesse le battaglie radicali per i diritti civili come un ostacolo a un accordo con il Partito democratico. Ma un ostacolo per chi? Certo non per l'elettorato, e forse nemmeno per buona parte del gruppo dirigente, rispetto al quale le vere resistenze a un'alleanza riguardano, più che i contenuti "laici", i connotati di fondo della storia radicale.
Anche per chi sta nel Partito democratico con posizioni, su questi temi, molto lontane dalle nostre, il motto dell'associazione - "dal corpo dei malati al cuore della politica" - dovrebbe rappresentare la garanzia di un approccio non ideologico per cercare risposte a domande che molto concretamente si impongono nella vita di ciascuno. Senza dubbio non rinunciamo a partire da un punto fermo: la legge non è strumento per affermare un'etica di Stato, ma per regolare i rapporti tra le persone impedendo abusi e violenze. Prima ancora di impegnarci per riformare le leggi, ci battiamo perché siano davvero rispettate. Anche con questo spirito, abbiamo ieri ripreso con Mina Welby, Rita Bernardini e altri compagni il digiuno di dialogo con il ministro della Salute Livia Turco, per chiedere che finalmente si interrompano i sei mesi di illegalità sul mancato rinnovo delle linee guida della legge sulla fecondazione assistita. Se è vero che in questa legislatura non abbiamo ottenute le riforme sperate, siamo però ancora in tempo almeno per gli atti dovuti.
NOTE
segretario dell'associazione Luca Coscioni
Il Riformista del 11 febbraio 2008, pag. 2
di Marco Cappato
Il successo del partito "alle urne subito", tra le tante iniziative legislative e progetti di governo stroncati, ha fermato anche l'unica speranza di riforma che non era stata - dopo pacs, dico, fecondazione, depenalizzazione delle droghe - definitivamente impallinata dai veti clericali: quella di consentire ai cittadini italiani di veder riconosciute le proprie volontà di cura attraverso un testamento biologico. Gli unici avanzamenti concreti sul piano dell'autodeterminazione del paziente e della libertà, tanto delle scelte di fine vita quanto di quelle di procreazione, sono arrivate in questi mesi dai pronunciamenti - o mancati interventi - della magistratura su casi individuali come quelli di Welby, Nuvoli, Englaro, oppure sui ricorsi di pazienti affetti da malattie genetiche che volevano accedere alla fecondazione assistita. I giuristi che hanno seguito direttamente quelle vicende ne discuteranno in occasione del sesto congresso dell'associazione Coscioni che si terrà a Salerno dal 15 al 17 febbraio, insieme a personalità politiche e parlamentari di entrambi gli schieramenti.
Il Congresso capita a meno di due mesi da elezioni che sembrano destinate a regalarci un Parlamento ancora più ostile dell'attuale all'apertura di nuovi spazi di libertà e responsabilità individuali nel campo della scienza, delle cure e dei diritti civili. Il rischio è quello di passare dalla fase di paralisi a una di vero e proprio controriformismo etico, già scatenatosi con la cosiddetta "moratoria" sull'aborto e le probabili liste di Giuliano Ferrara, che avrebbero come riferimento programmatico quello della tutela della vita "dal concepimento fino alla morte naturale" - dove per "naturale" si intende probabilmente quella morte in mezzo ad atroci sofferenze che si voleva imporre a Welby - e come riferimento politico-istituzionale non solo l'Italia, ma l'Europa e le Nazioni Unite.
Che il terreno di scontro non fosse limitato al perimetro angusto della politica italiana, lo aveva capito anni fa proprio Luca Coscioni che nel 2001 ottenne come candidato radicale il sostegno di decine di premi Nobel di ogni continente. I premi Nobel attorno a Luca divennero un centinaio con la campagna, lanciata in occasione del "Congresso mondiale per la libertà di ricerca" del 2002, contro il proibizionismo mondiale sulle staminali embrionali voluto dal Vaticano in sede Onu. Oggi, la preparazione di un nuovo appuntamento transnazionale per attrezzarsi contro i "fondamentalisti di tutto il mondo uniti" è la priorità obbligata dell'associazione, che deve rinnovare il lavoro comune con scienziati e politici di altri Paesi.
L'associazione Coscioni alla quale sono iscritti anche parlamentari di ogni colore, è anche uno dei soggetti fondatori della Rosa nel Pugno, e il congresso cade in giorni decisivi per le alleanze elettorali del soggetto radicale. Si potrebbe perfino considerare un appuntamento scomodo, per chi ritenesse le battaglie radicali per i diritti civili come un ostacolo a un accordo con il Partito democratico. Ma un ostacolo per chi? Certo non per l'elettorato, e forse nemmeno per buona parte del gruppo dirigente, rispetto al quale le vere resistenze a un'alleanza riguardano, più che i contenuti "laici", i connotati di fondo della storia radicale.
Anche per chi sta nel Partito democratico con posizioni, su questi temi, molto lontane dalle nostre, il motto dell'associazione - "dal corpo dei malati al cuore della politica" - dovrebbe rappresentare la garanzia di un approccio non ideologico per cercare risposte a domande che molto concretamente si impongono nella vita di ciascuno. Senza dubbio non rinunciamo a partire da un punto fermo: la legge non è strumento per affermare un'etica di Stato, ma per regolare i rapporti tra le persone impedendo abusi e violenze. Prima ancora di impegnarci per riformare le leggi, ci battiamo perché siano davvero rispettate. Anche con questo spirito, abbiamo ieri ripreso con Mina Welby, Rita Bernardini e altri compagni il digiuno di dialogo con il ministro della Salute Livia Turco, per chiedere che finalmente si interrompano i sei mesi di illegalità sul mancato rinnovo delle linee guida della legge sulla fecondazione assistita. Se è vero che in questa legislatura non abbiamo ottenute le riforme sperate, siamo però ancora in tempo almeno per gli atti dovuti.
NOTE
segretario dell'associazione Luca Coscioni
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