Con Dio e con Darwin ovvero se evoluzione fa rima con religione

Corriere della Sera 20.2.08
Dibattiti Tesi a confronto nel saggio di Michele Luzzatto
Con Dio e con Darwin ovvero se evoluzione fa rima con religione
di Edoardo Boncinelli

La teoria dell'evoluzione non cessa di stimolare la riflessione da parte di persone di diverse competenze e tiene sempre più spesso banco anche nella pubblicistica. È raro, per dir la verità, che questa teoria venga trattata dal punto di vista strettamente scientifico, perché ciò richiede una preparazione molto specifica e perché una sua esposizione rigorosa non sembra particolarmente appetibile per il grande pubblico. Abbondano invece le speculazioni di vario genere sulle sue implicazioni e sui suoi riflessi nel campo socio-politico, filosofico e teologico. Come è sempre stato dalla sua comparsa.
Di implicazioni ce ne sono tante e di riflessi una miriade, dai più diretti ai più indiretti. Personalmente, sono maggiormente sensibile a ciò che essa ha significato per la storia del pensiero scientifico e per la nostra capacità di comprendere gli eventi del passato, anche non necessariamente biologici. Possiamo dire infatti che essa ha introdotto almeno un nuovo tipo di spiegazione — ben diverso da quello usuale nelle scienze fisiche — di natura contingente e quindi intrinsecamente storica. Una spiegazione che potremmo definire del tipo
ex post: una cosa poteva accadere o non accadere; è accaduta e questo ci insegna qualcosa sulla sua natura. Se è accaduta, è perché era utile o addirittura indispensabile per la sopravvivenza della specie in questione o di un gruppo di specie. Se non si fosse verificata, non si osserverebbe oggi nessun sopravvissuto. La sua giustificazione riposa interamente su questa constatazione. Ciò ci costringe a riflettere con mente aperta su un numero enorme di osservazioni di natura biologica, ma anche psicologica e sociale. Quello che invece più spesso si percepisce, talvolta dolorosamente, della spiegazione evoluzionistica è la natura un po' speciale e certo terribilmente nuova della sua ricostruzione della storia della vita, e in particolare dell'origine dell'uomo, tutta affidata a meccanismi fisici e biologici immanenti, senza la necessità di una finalità e di una trascendenza, senza la necessità di un Piano di Sviluppo, di un Principio Ordinatore o di un Dio Creatore. Tale constatazione non è indolore per nessuno, perché noi siamo costituzionalmente inclini a vedere scopi e cause dappertutto. Ma è ancora più difficile da accettare per chi è portatore di una fede in un Essere superiore e nel Suo operato.
Non meraviglia quindi che si moltiplichino gli interventi pro o contro la teoria dell'evoluzione e le sue implicazioni. Adesso è la volta di Michele Luzzatto, che ha una preparazione biologica di tutto rispetto ed è responsabile della saggistica scientifica e delle Grandi opere di Einaudi. Costui ha scritto addirittura una Preghiera darwiniana (Raffaello Cortina, prefazione di Giulio Giorello), un'accorata difesa del darwinismo redatta in un linguaggio che non è in contrasto con una convinzione religiosa di ispirazione biblica. C'è laicità in questo testo, ma non c'è ateismo. Il nostro autore trae anzi dalla Bibbia temi e figure che gli permettono di dare alla sua riflessione un tono alto, quasi di perorazione. E uno stile particolare, che si appoggia, come in una preghiera, sull'iterazione e sul ritmo: «Prendete due prigionieri », «Prendete la coda del cavallo», «Prendete un fringuello»... «Prendete la coda del pavone», «Pensate ai nostri capelli». Un'argomentazione incalza l'altra con un suo «tempo» retorico ben definito.
L'opera, svelta e nervosa, può essere letta su due registri. Da una parte, una pacata ma efficace esposizione del nocciolo concettuale del neodarwinismo, che ne presenta la novità e fornisce esempi semplici e concreti di come si possa oggi guardare senza sbandamenti o incertezze al cammino dell'evoluzione. Dall'altra, un succedersi di interrogativi, appassionati e distaccati a un tempo, sul delicato ruolo della divinità, che può esistere o non esistere, e sul senso del tutto, se il tutto ha un senso.
Per Luzzatto, Darwin con la sua opera ha mostrato «solo che Dio non può essere quel manovale edile dell'immaginario collettivo che gioca con la creta e forgia gli uomini e il mondo, come un bambino crea le sue figurine col pongo. Se c'è, deve essere un Dio più sottile». Il punto è quanto più sottile può essere un Dio, senza perdere una sua fisionomia e un suo ruolo. «Dio potrebbe non esistere», aggiunge Luzzatto, «oppure, ancora, Dio potrebbe essere null'altro che la natura, null'altro che tutto ciò che è». C'è sempre stato qualcuno che l'ha pensata così, nota in conclusione il nostro autore, ma quasi sempre ha avuto vita dura. Può essere che oggi le cose stiano cambiando, oppure il bisogno di una rassicurante trascendenza è ancora troppo forte in noi, creature di luce che affondiamo i piedi nelle tenebre del tempo, anche se rappresentiamo il più «glorioso accidente della storia». Evolutiva ovviamente.
Assioma
«Dio potrebbe essere null'altro che la natura, null'altro che tutto ciò che è» Adamo ed Eva davanti al Dna in un'illustrazione di Janusz Kapusta (Corbis)

Commenti

L'AngeloVale ha detto…
a 19 anni, a due mesi dalla maturità, preparando la mia tesina "crisi di identità nel passaggio dall' 800 alla modernità liquida" , mi imbatto in questo...
genialmente c'è sempre qualcuno in grado di spiegarci, con parole più semplici e più belle cosa ci turba, cosa ci intristisce, persino cosa stavamo pensando...
spero che l'auore del blog approvi questo mio commento, che altro non è se non un complimento grandissimo, sia per chi ha saputo trovare parole così moderne e vere sia per chi ha deciso di metterle qui, come una musica tra le nuvole, perchè qualcuno le trovasse!!

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