Rodotà: «L’Angelus non può essere un’adunata politica»

l'Unità 20.1.08
Rodotà: «L’Angelus non può essere un’adunata politica»
di Bruno Gravagnuolo

«Questo Papa si comporta come un leader politico ed è anche percepito come tale. Nessuna meraviglia quindi che ci siano reazioni contrarie: è la democrazia. E vittimismo e appelli integralisti sono fuori luogo». È netto Stefano Rodotà, ex garante per la privacy, giurista «bioetico» e studioso dei diritti nell’era della tecnica: la chiamata a raccolta all’Angelus dei politici non fa che confermare una tendenza «regressiva». Che confonde, senza residui, politica e religione, agire pubblico e agire religioso. Generando un cortocircuito arcaico che è la negazione di ogni laicità. Come nel caso della visita del Papa organizzata a Roma. Dove, sostiene Rodotà, «si è voluto mediaticamente rilanciare l’Istituzione dell’Anno Accademico con un’iniziativa incongrua e pasticciata». Fino a criminalizzare chi dissentiva su un’intervento non certo da libero pensatore tra gli altri. E «reclamando Voltaire solo per Ratzinger». E non per i docenti che avevano espresso contrarietà a quel tipo di visita. Sentiamo Rodotà.
Politici, sindacalisti, parrocchie. Tutti all’Angelus del Papa, in risposta all’appello di Ruini. Un’adunata politica in stile esercito della Santa Fede?
«È la conferma di un dato su cui non si riflette abbastanza. E cioè: non è solo questione di percezione sociale. Bensì di un atteggiarsi del Papa a leader politico che chiede solidarietà e consenso. Non è una forzatura. Già prima della storia dell’Università, c’era stato un attacco durissimo del Pontefice alla gestione di Roma, alla presenza di Veltroni e Marrazzo. Seguito da una procedura tipica della peggior politica. Una trattativa sotterranea tra gli staff, volta a “rettificare” strumentalizzazioni e travisamanenti di stampa. Procedura quasi berlusconiana, per lanciare avvertimenti e poi modificare le carte in tavola. Con le dietrologie del caso sui dissensi tra Ruini e Bertone».
La Chiesa si comporta come un partito, ma poi reclama tutele...
«Esatto, come all’Università di Roma. Le cosiddette reazioni politiche di chi ha reagito alla visita, sono state il contraccolpo di un’azione papale che muovendosi in chiave politica deve poi sottostare alle regole della democrazia. Regole che includono anche la contestazione del Papa».
Ma quella del Papa era una visita pastorale, l’intervento in un dibattito, un suggello all’Anno Accademico, o che altro?
«Tutti hanno invocato Voltaire. Ma solo per Ratzinger, non per Marcello Cini e i dissidenti! Se il Papa ha il diritto di esprimere la sua opinione, a maggior ragione lo hanno Cini e Bernardini, che parlavano in casa propria, dove non c’è un’autorità gerarchica. E dove anche una sola opinione ha valore. Aggiungo che l’occasione era stata ideata in maniera goffa. Prima una prolusione, poi il negoziato su un discorso dopo l’inaugurazione di una cappella. C’erano tute le premesse perché la vicenda finisse male».
Nessuna oltranza da parte dei laici?
«No, ma una legittima manifestazione di opinione. Meno che mai tale, perché non si potesse venire all’Università. Le condizioni di sicurezza erano garantite dal Ministro dell’Interno. E che ci si potesse imbattere in studenti che erano contrari, era del tutto all’interno delle regole democratiche, le quali prevedono dissenso e conflitto. Ed è incongrua, da questo punto di vista, la pretesa di distinguere tra Ratzinger mite teologo e un Papa leader politico che tuona contro la scristianizzazione e vuole rilanciare dall’Italia la riconquista cattolica del mondo».
Laici subalterni dinanzi a questa offensiva?
«Molto subalterni. Anche se c’è un uso esagerato del termine “laicità”. No, ci troviamo di fronte alla necessità di rispettare regole democratiche minime: il diritto di tutti a esprimere opinioni. Il Rettore invita il Papa all’Università, e alcuni professori dissentono. E poi: il Papa si immerge nella contesa politica? Si comporta da leader ideologico e politico? Ovvio che possa esserci una reazione, specie da parte di studenti e professori attenti ai diritti civili».
Torniamo all’Angelus. In fondo è una svolta senza precedenti, nemmeno nel 1948 era così...
«Non c’è dubbio che c’è una regressione clericale. E la discrezione richiesta tante volte alla politica, la sobrietà e il distacco, vengono clamorosamente violati. Uno studioso non certo anticlericale come Adriano Prosperi ha detto: attenti al ritorno del Papa Re! E una politica seria e responsabile, a destra come a sinistra, avrebbe avuto il dovere di criticare come impropria una tale chiamata alla solidarietà, in un’occasione liturgica come l’Angelus. Qui c’è una confusione di piani inaccettabile, che dimostra la debolezza strutturale di una politica ormai senza legittimazione, e che va a cercarsela fuori. Proprio come all’ Università di Roma. Si è pensato di poter rivitalizzare l’obsoleto avvio dell’Anno Accademico, allestendo un palco mediatico. E svilendo sia la presenza del Papa sia la cerimonia»
Ma c’è una «teoria democratica» di tutto questo: ruolo e rilevanza pubblica della religione. O no?
«Alla carta dei valori Pd, su questo punto, dobbiamo dare il giusto significato. Ovvero: anche il punto di vista religioso deve potersi esprimere nella sfera pubblica. Ciò detto, la religione entra nella sfera pubblica accettandone le regole democratiche. E non dettando le regole. Nessun privilegio, nessuna primazia. Ecco la lettura corretta e coerente della Carta dei Valori. Che infatti respinge la pretesa di ravvisare nelle “radici cristiane” il fondamento dell’Europa.
Ma la laicità è un puro terreno neutro di incontro, oppure è un’istanza di valori positiva e fondante?
«Assolutamente un’istanza positiva, non oppositiva al clericalismo. Quell’istanza coincide con la democrazia stessa e le sue regole. La tolleranza, il confronto, il rispetto dell’altro, sono consustanziali alla laicità della democrazia. Il che implica un’assoluta parità tra i diversi soggetti in gioco, con tutte le conseguenza del caso. Che si possano pretendere trattamenti privilegiati, che la religione sia una pretesa civile, è contrario ai princìpi fondamentali della democrazia, a cominciare dal principio di eguaglianza».

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