RESTITUZIONI - Venere di Cirene addio ora è splendida ospite nella tenda di Gheddafi
RESTITUZIONI - Venere di Cirene addio ora è splendida ospite nella tenda di Gheddafi
Adele Cambria
l'Unità (Roma) 31/08/2008
NOSTALGIA - se è legittima- per la Venere di Cirene che se ne va in Libia in aereo con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E qui a Roma resterà - senza più cartoline o guide con la sua effigie nei Musei romani -
soltanto nella memoria di chi, negli anni, l’ha amata e la ricorda: entrando nell’Aula ottagonale del Planetario, al Museo delle Terme di Diocleziano, sulla curva destra di quel luogo magico dedicato alle stelle, si offriva lei, con il suo corpo marmoreo tenero allo sguardo (e al tocco furtivo) come quello eternamente giovane di una fanciulla divina: anzi di una divina bagnante. La Venere di Cirene infatti, pur priva della testa e
delle braccia, ci viene narrata dagli storici dell’arte come «uscente
dalle spume marine e in atto di levare le braccia per strizzarsi i capelli» - una «fine copia romana» probabilmente dell’originale in bronzo di un artista «alquanto anteriore a Prassitele». Ma lei evocava il mare, con quel pareo(oggi lo chiameremmo così) drappeggiato armoniosamente sulla coda
guizzante di un delfino, ritto al suo fianco… Sbagliato l’uso dei verbi all’imperfetto? Certo, oggi si vola, e quando sarà ricollocata al suo posto, ufficialmente nel Museo di Tripoli, a meno che non la si voglia restituire a quelle Terme di Cirene, ricostruite dall’imperatore Adriano «e ricche di sculture» dove fu ritrovata, chi potrà andrà a rivederla. Un’occasione - speriamo per sempre pacifica, e propiziata, si vuole, anche
da questa restituzione - per immergersi nella storia antichissima della città. Cirene, nella lingua indigena delle prime tribù nomadi che la popolarono come stazione di transito del loro commerci, e che ci furono narrate da Erodoto, è il nome di un fiore del deserto, l’asfodelo. Ma già nel 640 a.C. diventava una colonia greca, la dorica Kuraja, ed assumeva
il nome attuale: nel mito greco Cirene fu una ninfa, amata e posseduta da Apollo, vicino alla sua fonte… Nel 331 la città fu sottomessa ad Alessandro Magno, e quindi al faraone Tolomeo I°. Da notare che i romani non la conquistarono con le armi,mala ebbero in regalo da uno dei discendenti del
faraone, Tolomeo Apione.
E da qui nacque la civilizzazione - o colonizzazione - romana della città. La statua di Venere fu ritrovata nel 1913: i modi del ritrovamento sono controversi. È certo che spedizioni archeologiche italiane erano presenti a Cirene prima ancora della guerra (vittoriosa, nonostante le rivolte delle
popolazioni locali) voluta da Giolitti contro la Libia, all’epoca inclusa nell’impero ottomano. Ma il decreto con cui nell’agosto del 2002, l’allora Ministro dei Beni Culturali del secondo governo Berlusconi, Giuliano Urbani, "sdemanializzando" la Venere bagnante, con la motivazione della
«opportunità sotto il profilo scientifico e culturale di procedere a una collocazione di tale reperto presso il contesto originario di appartenenza», allude al suo ritrovamento in questi termini: «Il 28
dicembre 1913 veniva rinvenuta da militari italiani a Cirene, a seguito
di un smottamento provocato da un violento temporale, una statua acefale marmorea di Afrodite c.d. Venere di Cirene…»
Sia come sia, il Ministro Urbani decreta, all’art.1, che «la statua
acefala di cui in premessa, passa dal demanio al patrimonio dello Stato», e precisa che «per tale bene non sussiste più interesse, da parte dello Stato, a mantenerne la proprietà».
Ieri la statua era nella tenda di Gheddafi. Andrea Costa, il giovanissimo(
nell’estate 2002) vicepresidente di Italia Nostra Lazio con altri quattro volontari dell’associazione erano lì, sotto il Ministero dei Beni culturali, a stendere uno striscione di protesta contro il Ministro, che scese a rabbonirli.
Ma pochi giorni dopo, il 14 agosto, il decreto Urbani veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. (In quanto a lei, la Venere di Cirene, era già sparita dal Planetario, impacchettata nei depositi del Museo delle Terme. )
«Il trucchetto di Urbani - mi conferma Andrea Costa - è stato quello di far passare la statua dal demanio al patrimonio dello Stato.
Non tutti i cittadini lo sanno che ciò che esce dalla proprietà demaniale può essere venduto o regalato…. Al limite, anche il Colosseo… » Italia Nostra impugnò il decreto Urbani presso il Tar del Lazio, ma nel 2007 la seconda sezione del tribunale amministrativo respinse il ricorso giudicando la statua «estranea al patrimonio artistico nazionale». Giudizio confermato qualche mese fa dal Consiglio di Stato. Ma già nel settembre del 2002 Silvio Berlusconi aveva espresso l’intenzione di portare la Venere con sé in Libia, «entro poche settimane».
Questa volta ci è davvero riuscito
Adele Cambria
l'Unità (Roma) 31/08/2008
NOSTALGIA - se è legittima- per la Venere di Cirene che se ne va in Libia in aereo con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E qui a Roma resterà - senza più cartoline o guide con la sua effigie nei Musei romani -
soltanto nella memoria di chi, negli anni, l’ha amata e la ricorda: entrando nell’Aula ottagonale del Planetario, al Museo delle Terme di Diocleziano, sulla curva destra di quel luogo magico dedicato alle stelle, si offriva lei, con il suo corpo marmoreo tenero allo sguardo (e al tocco furtivo) come quello eternamente giovane di una fanciulla divina: anzi di una divina bagnante. La Venere di Cirene infatti, pur priva della testa e
delle braccia, ci viene narrata dagli storici dell’arte come «uscente
dalle spume marine e in atto di levare le braccia per strizzarsi i capelli» - una «fine copia romana» probabilmente dell’originale in bronzo di un artista «alquanto anteriore a Prassitele». Ma lei evocava il mare, con quel pareo(oggi lo chiameremmo così) drappeggiato armoniosamente sulla coda
guizzante di un delfino, ritto al suo fianco… Sbagliato l’uso dei verbi all’imperfetto? Certo, oggi si vola, e quando sarà ricollocata al suo posto, ufficialmente nel Museo di Tripoli, a meno che non la si voglia restituire a quelle Terme di Cirene, ricostruite dall’imperatore Adriano «e ricche di sculture» dove fu ritrovata, chi potrà andrà a rivederla. Un’occasione - speriamo per sempre pacifica, e propiziata, si vuole, anche
da questa restituzione - per immergersi nella storia antichissima della città. Cirene, nella lingua indigena delle prime tribù nomadi che la popolarono come stazione di transito del loro commerci, e che ci furono narrate da Erodoto, è il nome di un fiore del deserto, l’asfodelo. Ma già nel 640 a.C. diventava una colonia greca, la dorica Kuraja, ed assumeva
il nome attuale: nel mito greco Cirene fu una ninfa, amata e posseduta da Apollo, vicino alla sua fonte… Nel 331 la città fu sottomessa ad Alessandro Magno, e quindi al faraone Tolomeo I°. Da notare che i romani non la conquistarono con le armi,mala ebbero in regalo da uno dei discendenti del
faraone, Tolomeo Apione.
E da qui nacque la civilizzazione - o colonizzazione - romana della città. La statua di Venere fu ritrovata nel 1913: i modi del ritrovamento sono controversi. È certo che spedizioni archeologiche italiane erano presenti a Cirene prima ancora della guerra (vittoriosa, nonostante le rivolte delle
popolazioni locali) voluta da Giolitti contro la Libia, all’epoca inclusa nell’impero ottomano. Ma il decreto con cui nell’agosto del 2002, l’allora Ministro dei Beni Culturali del secondo governo Berlusconi, Giuliano Urbani, "sdemanializzando" la Venere bagnante, con la motivazione della
«opportunità sotto il profilo scientifico e culturale di procedere a una collocazione di tale reperto presso il contesto originario di appartenenza», allude al suo ritrovamento in questi termini: «Il 28
dicembre 1913 veniva rinvenuta da militari italiani a Cirene, a seguito
di un smottamento provocato da un violento temporale, una statua acefale marmorea di Afrodite c.d. Venere di Cirene…»
Sia come sia, il Ministro Urbani decreta, all’art.1, che «la statua
acefala di cui in premessa, passa dal demanio al patrimonio dello Stato», e precisa che «per tale bene non sussiste più interesse, da parte dello Stato, a mantenerne la proprietà».
Ieri la statua era nella tenda di Gheddafi. Andrea Costa, il giovanissimo(
nell’estate 2002) vicepresidente di Italia Nostra Lazio con altri quattro volontari dell’associazione erano lì, sotto il Ministero dei Beni culturali, a stendere uno striscione di protesta contro il Ministro, che scese a rabbonirli.
Ma pochi giorni dopo, il 14 agosto, il decreto Urbani veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. (In quanto a lei, la Venere di Cirene, era già sparita dal Planetario, impacchettata nei depositi del Museo delle Terme. )
«Il trucchetto di Urbani - mi conferma Andrea Costa - è stato quello di far passare la statua dal demanio al patrimonio dello Stato.
Non tutti i cittadini lo sanno che ciò che esce dalla proprietà demaniale può essere venduto o regalato…. Al limite, anche il Colosseo… » Italia Nostra impugnò il decreto Urbani presso il Tar del Lazio, ma nel 2007 la seconda sezione del tribunale amministrativo respinse il ricorso giudicando la statua «estranea al patrimonio artistico nazionale». Giudizio confermato qualche mese fa dal Consiglio di Stato. Ma già nel settembre del 2002 Silvio Berlusconi aveva espresso l’intenzione di portare la Venere con sé in Libia, «entro poche settimane».
Questa volta ci è davvero riuscito
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