All’Archeologico riaprono le sale del grande Ercole
CAMPANIA - COMPLETATI I RESTAURI All’Archeologico riaprono le sale del grande Ercole
Ida Palisi
22/06/2008 IL MATTINO
È l’Ercole pensoso e introspettivo, copia romana di un modello bronzeo attribuito a Lisippo e oggi perduto, l’opera più famosa restituita oggi allo sguardo dei visitatori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann). Il suo gemello, l’Ercole Latino, si può ammirare alla Reggia di Caserta e una copia in gesso alla stazione «Museo» della metropolitana collinare. Ma l’originale, in tutta la sua grandiosa compostezza, riappare al pubblico del Mann questa mattina dopo circa due mesi di chiusura delle sale centrali in cui è ospitato. Un intervento di risistemazione della soffittatura (curato dall’équipe tecnica coordinata dal signor Trisciuoglio) le ha restituite alla vista nella magnifica triade di saloni in bianco e avorio che fa da scenario a uno dei gruppi statuari più famosi del mondo. Accanto all’Ercole, infatti, troneggiano le statue del Toro, con ogni probabilità le più grandi pervenutaci dall’antichità (superano i tre metri di altezza), venute alla luce nelle Terme di Caracalla, il complesso termale imperiale edificato sull’Aventino, dove Paolo Farnese a metà ’500 promosse scavi archeologici per decorare la sua residenza romana di Campo de’ Fiori. Con loro, altre statue monumentali, che per oltre due secoli sono state ammirate a Palazzo Farnese e poi portate a Napoli da Ferdinando IV di Borbone. L’intera collezione Farnese è oggetto di un riordino espositivo organizzato secondo la provenienze dai siti romani: oltre alle sculture delle Terme di Caracalla, le sculture da Palazzo Farnese, gli Horti Farnesiani, Villa Madama e la Farnesina. Nelle sale centrali dell’Ercole e del Toro trionfano anche due figure femminili rappresentanti la Flora e una del Lare del Popolo Romano, mentre è in attesa di essere restituita alla città la Venere «Callipigia», in prestito fino al prossimo luglio a un’esposizione mantovana. La riapertura di oggi rende onore, dunque, al nucleo più significativo della collezione, che prosegue nelle sale laterali con una serie di rilievi e di statue provenienti dalle residenze del Palatino. Il prossimo autunno la riapertura dell’ultima sala, con una ventina di statue.
Ida Palisi
22/06/2008 IL MATTINO
È l’Ercole pensoso e introspettivo, copia romana di un modello bronzeo attribuito a Lisippo e oggi perduto, l’opera più famosa restituita oggi allo sguardo dei visitatori del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann). Il suo gemello, l’Ercole Latino, si può ammirare alla Reggia di Caserta e una copia in gesso alla stazione «Museo» della metropolitana collinare. Ma l’originale, in tutta la sua grandiosa compostezza, riappare al pubblico del Mann questa mattina dopo circa due mesi di chiusura delle sale centrali in cui è ospitato. Un intervento di risistemazione della soffittatura (curato dall’équipe tecnica coordinata dal signor Trisciuoglio) le ha restituite alla vista nella magnifica triade di saloni in bianco e avorio che fa da scenario a uno dei gruppi statuari più famosi del mondo. Accanto all’Ercole, infatti, troneggiano le statue del Toro, con ogni probabilità le più grandi pervenutaci dall’antichità (superano i tre metri di altezza), venute alla luce nelle Terme di Caracalla, il complesso termale imperiale edificato sull’Aventino, dove Paolo Farnese a metà ’500 promosse scavi archeologici per decorare la sua residenza romana di Campo de’ Fiori. Con loro, altre statue monumentali, che per oltre due secoli sono state ammirate a Palazzo Farnese e poi portate a Napoli da Ferdinando IV di Borbone. L’intera collezione Farnese è oggetto di un riordino espositivo organizzato secondo la provenienze dai siti romani: oltre alle sculture delle Terme di Caracalla, le sculture da Palazzo Farnese, gli Horti Farnesiani, Villa Madama e la Farnesina. Nelle sale centrali dell’Ercole e del Toro trionfano anche due figure femminili rappresentanti la Flora e una del Lare del Popolo Romano, mentre è in attesa di essere restituita alla città la Venere «Callipigia», in prestito fino al prossimo luglio a un’esposizione mantovana. La riapertura di oggi rende onore, dunque, al nucleo più significativo della collezione, che prosegue nelle sale laterali con una serie di rilievi e di statue provenienti dalle residenze del Palatino. Il prossimo autunno la riapertura dell’ultima sala, con una ventina di statue.
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