TRA I CHIP È SBOCCIATA UN'ANIMA

La stampa, tutto scienze, TST 14 mag. ’08

TRA I CHIP È SBOCCIATA UN'ANIMA

LUIGI GRASSIA
«Non fate innervosire quel robot, che è tanto sensibile». E magari è anche un po' permaloso, come il computer Hal 9000 di «Odissea nello spazio». Entro questa generazione l’emotività delle macchine farà parte della nostra vita quotidiana.
Ci sono due programmi dell'Ue che consorziano le migliori università del continente per un obiettivo a prima vista un po' stravagante: produrre automi capaci di essere compagni interattivi degli esseri umani, in grado di cogliere le sfumature di umore di uomini e donne e di adattarvisi - sperando che non debba succedere il contrario.
Uno dei due programmi, avviato nel 2006, si chiama «Feelix Growing» ed esplora
l’intelligenza sociale e come questa possa essere creata nei sistemi
artificiali. Tl secondo, lanciato e finanziato in questi giorni da Bruxelles,
mobilitando 10 università
Tra i rischi ci sono
(coordinate dalla Queen Mary University di Londra), è stato battezzato «Lirec»,
cioè «Living with robots and interactive companions», e si baserà su una serie
di esperienze tratte da «Feelix Growing» per esaminare «come si possano creare
dei rapporti duraturi in situazioni sociali reali», per usare le parole del capo
del progetto, Peter McOwan. In particolare, «con "Lirec" creeremo delle entità
identificabili e socialmente consapevoli, che mantengono le loro caratteristiche
quando migrano, ad esempio, dal corpo di un robot alla vostra casa per apparire
come avatar sul vostro palmare». Insomma, la persistenza di una precisa e
complessa personalità sarà il valore aggiunto rispetto agli studi da pionieri
condotti finora, che miravano a scorporare, analizzare e riprodurre le singole
funzioni elettronico-psicologiche.
Sappiamo tutti che avere una psicologia, una personalità, è fonte di possibili
problemi; e allora perché inserirle nel cervello elettronico delle macchine,
rendendolo meno stabile e prevedibile?' Perché rischiare di scatenare crisi di
identità cibernetiche, come quelle in «Blade Runner», o tentativi di ribellione
individuale, come in «Electric Dreams», o coIlettiva, come in «Terminator»7
Il fatto è che per avere il massimo di flessibilità e personalizzazione nelle
prestazioni delle macchine bisogna renderle capaci di interagire con noi, ma
interagire sul serio, non in base a risposte stereotipate. In un mondo
occidentale che ha tanto bisogno di colf e di badanti, il progetto «Lirec» si
propone, ad esempio, di creare degli assistenti domestici che facciano un po' di
tutto: lavare i piatti, e im qui non ci vuole una grande sensibilità, ma anche
tenere compagnia. E questo richiede una tecnologia amichevole molto sofisticata.
«Vogliamo sviluppare anche una prospettiva critica e porre problemi etici e psicologici rispetto a questo tipo di compagnia - spiega Kerstin Dautenhahn, un altro dei coordinatori -. Non vogliamo che i robot diventino sostitutivi delle persone in ogni aspetto. Quale che sia il modo in cui un robot si comporti, non dovremo mai confondere macchine e umani. Vorremmo evitare situazioni in cui una persona si leghi troppo a un robot».
Per quanto cauti siano i propositi dei ricercatori del «Lirec», il confine fra uomo e macchina pare destinato a sfumare. Nell'intelligenza artificiale è stato elaborato il test di Touring che ha questa caratteristica: anche una persona non disposta a riconoscere filosoficamente che una macchina sia intelligente si può trovare in condizione di non saper distinguere, all'atto pratico, l’intelletto di un essere umano da quello di una macchina. Sogno o incubo, non si può escludere che fra qualche anno i robot superino l’equivalente emotivo del test di Touring, così che non li si possa distinguere, in questo, dagli umani.
le crisi di identità cibernetiche, come in «Blade Runner» Gli assistenti domestici di silicio non soltanto laveranno i piatti, ma ci terranno compagnia

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