Pintoricchio. Un maestro della luce e del colore

La Repubblica 1.2.08
Pintoricchio. Un maestro della luce e del colore

Per Vasari era un artista fortunato ma privo di talento. Berenson ne liquidò l´opera come "intingolo ricco" per provinciali. Ora un´esposizione a Perugia rivendica l´originalità della sua ricerca
In esposizione un centinaio di opere tra cui molti disegni finora attribuiti a Perugino
La particolare lucentezza della pittura è dovuta alla polvere di vetro

PERUGIA. Potenza e sopravvivenza di un nome. Anche se la mostra che apre domani tra la Galleria Nazionale dell´Umbria di Perugia e Spello vuol dimostrare la grandezza della ricerca artistica del Pintoricchio (1456-1513), i palati raffinati della sua epoca non erano proprio di questa opinione. L´umanista perugino Francesco Maturanzio scrisse che, quanto a meriti artistici, Pintoricchio, da pictoricius (piccolo pittore), era secondo solo a Pietro Vannucci, più sfortunato però del "divin pittore" e soprannominato, aggiunse con sottigliezza, il "Sordicchio". Poco udente era lo stesso Pintoricchio che Vasari riteneva un uomo assai fortunato, baciato dalla sorte e la sua vita dimostra come la fortuna può avere "per figlioli" anche coloro che sono privi di virtù. Assai più tardi Bernard Berenson vide nella sua pittura "un intingolo ricco", più adatto ai gusti dei provinciali che dei bongustai.
Eppure Pintoricchio è entrato nell´immaginario collettivo. Nel film La banda degli onesti Totò ironicamente vedeva in Giacomo Furia, pittore di insegne di negozi, «un Pintoricchio seconda maniera». E Pintoricchio divenne, per una battuta dell´avvocato Agnelli, il soprannome di Alessandro Del Piero, il calciatore dal tiro che sembrava una pennellata.
Ora il vero Pintoricchio si celebra in Umbria con un centinaio di opere, una sequenza di mostre e l´arrivo a Perugia, a Palazzo Baldeschi al Corso, di una Madonna col Bambino acquistata a Vienna dalla locale Fondazione Cassa di Rispamio per festeggiare adeguatamente il 550° anniversario della nascita dell´artista (che in realtà è caduto due anni fa, essendo nato il Pintoricchio nel 1456). Spiega Vittoria Garibaldi, curatrice della mostra: «Dopo l´esposizione dedicata al Perugino, quella di Pintoricchio era una tappa obbligata, un approfondimento necessario per gli studi sull´arte umbra».
Perugino e Pintoricchio erano complementari?
«Vivono nello stesso periodo, hanno due modi di lavorare diversi, però in qualche modo complementari. Ognuno dipinge con le proprie caratteristiche, ma nessuno è inferiore all´altro. Sono due grandi talenti, non amati dal Vasari. Questa esposizione è importante. Tra l´altro, non era mai stata dedicata una mostra a Pintoricchio. Abbiamo colto l´occasione per raccogliere molte opere su tavola ed ora è quasi una monografica».
Pintoricchio era un grande disegnatore.
«Insieme ai dipinti, c´è una sezione della mostra dedicata ai disegni, una sezione importante perché ci fa capire cosa fosse la grafica per pittori come Pintoricchio e Perugino, e anche il rapporto con Raffaello. Molti disegni che un tempo passavano dall´uno all´altro vengono ora attribuiti al solo Pintoricchio. E´ un dato significativo, che internazionalizza l´artista. I disegni circolavano, erano un modo per trasmettere idee, modelli. Erano i nostri "sms", anzi funzionavano meglio. La mostra ovviamente è sviluppata cronologicamente, ma non ci sono cicli pittori o gli affreschi. I dipinti su tavola invece sono ben presenti. Presentiamo anche il frammento di Brescia di Raffaello, Perugino, gli artisti perugini di quell´epoca come Benedetto Bonfigli o il Caporale che crearono una stagione di grande vivacità. Forse è il momento più alto di Perugia, di grande esplosione artistiche».
Gli studi hanno portato a nuove scoperte?
«La Pala di Santa Maria dei Fossi del Pintoricchio, l´opera più importante della Galleria nazionale, è stata restaurata una decina di anni fa, ma rileggendo oggi documenti e opere abbiamo scoperto che la predella non è autografa. Secondo il contratto di allogazione doveva rappresentare Papa Alessandro Borgia, cardinali, vescovi. Ma non c´è questa raffigurazione. Francesco Mancini ha collegato la morte del Papa nel 1503 con una damnatio memoriae che probabilmente portò all´eliminazione della predella di Pintoricchio. Era cambiato il contesto, gli agostiniani scelsero un´iconografia a loro legata. Ma una grande importanza ha la carpenteria e il carpentiere».
Il maestro d´ascia?
«Sì, la Pala è una delle pochissime conservate con la carpenteria originale. Il carpentiere si chiamava Mattia di Tommaso da Reggio e poco dopo realizzò il Polittico di Sant´Agostino per il Perugino. Non era un semplice legnaiuolo, ma un architetto del legno in grado di realizzare strutture stabili».
Un´altra caratteristica del Pintoricchio sono i colori: i gialli, i rossi, gli azzurri accesi.
«Dalle ricerche abbiamo avuto la conferma della diffusione, a partire dal Perugino, della polvere di vetro. Anche Pintoricchio per dare particolare brillantezza ai pigmenti o alle lacche univa la polvere di vetro. La pittura diventava lucente, brillante. Pintoricchio fu ad ogni modo un vero ricercatore della luce e del colore. Purtroppo le lacche, l´oro, i lapislazzuli, sono in parte caduti e molti dipinti su tavola si leggono poco».
L´effetto era abbagliante.
«L´effetto era abbagliante, bastava lo scintillio di una candela per creare effetti straordinari, per dare un senso di meraviglia. Le opere di Pintoricchio, come sostenne Brandi, vanno viste in più momenti e con una visione a cannocchiale, ossia di approfondimento. Il nostro tentativo è quello di valorizzare i dettagli sia della Pala sia della Cappella Bella, dettagli come la locanda di Campo dei Fiori, dietro il trono della Vergine, che ricorda molto quelle odierne, con la sua tettoia, la tovaglia imbandita, i piatti, la gente che va a mangiare».

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