Paestum: quell’«autostrada» lungo le Mura è uno sfregio

Paestum: quell’«autostrada» lungo le Mura è uno sfregio
di Bruno Gravagnuolo
05 LUGLIO 2008, L'Unità

BENI CULTURALI Un tracciato che altera la zona archeologica

Non solo Agrigento e la Valle dei Templi, a rischio di «privatizzazione », con tutti gli abusi che possono conseguirne, dopo i massacri del dopoguerra. Né solo Pompei, bruscamente commissariata ieri, per «incuria» e «degrado », dopo i fasti del «city management », che doveva assicurarne corretta gestione e decollo. Nella lista delle nequizie paesaggistiche e ambientali c’è anche Paestum. Con un piccolo «scandalo » sfuggito agli occhi dei più, che ripropone alla grande il tema della tutela e della giusta fruizione, in una regione già devastata dall’emergenza rifiuti. E in una zona, quella a sud di Salerno e del Sele, ferita da edilizia selvaggia e disordine urbanistico. Di che si tratta? Della sistemazione della strada che perimetra la cinta muraria della zona archeologica dell’antica Poseidonia, mitica città fondata dai Sibariti nel 600 a.C., tra i maggiori luoghi di culto della Magna Grecia, poi conquistata dai Lucani nel V secolo e infine dai Romani nel 273 a.C. Luogo leggendario, contemporaneo e vicino alla Elea di Parmenide, e all’edificazione dell’«Heraion» del Sele, ove approdarono i dorici. Entrato stabilmente dal 1700 nelle rotte del «Grand Tour» in Italia. Protetto dai Borboni, e durante l’occupazione francese e il regno di Murat. Nonché campo di scavi straordinario. Che condusse alla scoperta della pianta originaria, alla salvaguardia e alla messa in evidenza di mura e porte antichissime. E alla protezione dei tre templi dorici e ancora integri che sono l’epicentro della città antica, meta di milioni di visitatori. Fino alla scoperta negli anni 50 della famosa «Tomba del tuffatore» da parte dell’archeologo Mario Napoli, visibile nel Museo archeologico proprio dirimpetto ai Templi. Ebbene proprio attorno alla cinta muraria greca, delimitante il perimetro della zona archeologica, la giunta di centrosinistra di Capaccio ha deliberato la costruzione di una vera e propria «autostrada », ormai quasi ultimata. Autostrada con tanto di spallette di cemento:consistenti e a poca distanza dalle mura. E delineando un «percorso» che altera la visione delle stesse e dell’intero contesto archeologico. Non solo. La strada pareggia i punti di quota, innalzando il livello del tracciato preesistente di un metro e mezzo. Riempie il fossato, precedentemente interposto tra le mura e l’esterno. E, a causa di massicci «guard rail», annulla l’equilibrata visione delle mura millenarie, in virtù di un mero «principio di veicolarità ».Lo sfregio è particolarmente doloroso. In pratica, si rompe la qualità archeologica del contesto, definita da un lato dalle mura greche e dall’altro da un fiume, a confine dell’ex edificio della Cirio e di un santuario sottostante. E si impone con violenza una visione piatta e «autostradale » dei luoghi. Facendo delle mura e delle sue Porte arcaiche, un gigantesco guard rail per la circolazione automobilistica. Cancellandone quindi significato e percezione: l’aura archeologica insomma. E il tutto, oltre che orribile e dannoso, è una flagrante violazione dello spirito, se non della lettera, della famosa legge «220, Zanotti Bianco» del 5 marzo 1951, che prende il nome dall’archeologo scopritore dell’Heraion di Foce Sele, con Paola Zancani Montuoro. Oltre che cofondatore di «Italia Nostra». Quella legge prevedeva l’inedificabilità per una fascia di mille metri dalla cinta muraria. Avendo come obiettivo la «Costituzione di una zona di rispetto dell’area archeologica di Paestum». Legge rigida ma benemerita. Poiché ha consentito fin qui la salvezza dell’intera zona archeologica, a fronte di antropizzazione e congestione di straordinario impatto in questi decenni. Grazie ad essa Paestum non è diventata Agrigento. Ora lo «sfregio» della strada ne fa strame. Perché quello sfregio? E perché mai la Soprintendenza l’ha consentito? Cancelliamolo.

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