Quando Platone bruciò gli atomi

Corriere della Sera 8.5.07
Libri. La più importante edizione di Democrito
Quando Platone bruciò gli atomi
di Armando Torno

Democrito è un filosofo che irrompe nella storia delle scienze da quasi due millenni e mezzo. Del resto, il maestro di Abdera elaborò la prima concezione materialista dell'Occidente invitando allo studio della natura e a intendere la realtà come composizione di atomi qualitativamente simili, di ampiezza spaziale e temporale finita. Con lui cominciò — lo testimonia Aristotele! — il metodo definitorio e dimostrativo che spiega i fenomeni risalendo a quanto nell'esperienza sensibile è conosciuto con immediatezza.
Ora, per la prima volta, dopo le ricerche dei filologi tedeschi, appare in Occidente (e per fortuna nella nostra lingua) la traduzione del lavoro più importante su Democrito, quello che Salomon Luria pubblicò nel 1970 a Leningrado. Giovanni Reale ne ha coordinata l'edizione italiana. In
Democrito. Raccolta dei frammenti, interpretazione e commentario (Bompiani, pp. 1792, euro 36; con greco e russo) si scopre il doppio dei testi presenti nella raccolta dei presocratici di Diels-Kranz. L'opera è un riferimento obbligato per ogni discorso sul materialismo. Non a caso la tesi di laurea di Marx fu su Democrito ed Epicuro.
Luria ha rivoluzionato la lettura di questo filosofo, mostrandoci intuizioni più feconde di quelle aristoteliche nell'ambito delle ricerche di fisica e biologia. Che fosse una miniera senza fondo, la comunità scientifica lo sapeva dal 1948, allorché uscì il saggio, con testi e commenti, di Federigo Enriques e Manlio Mazziotti: Le dottrine di Democrito d'Abdera. Il volume, edito dalla Zanichelli che fu, era prefato da Guido Castelnuovo. Lo si ricordava quale «fondatore e precursore di quella scuola razionalista che, risorta nel Rinascimento con Galileo, Descartes e Newton, doveva dare l'impulso al mirabile sviluppo della scienza moderna». Enriques, da buon matematico, aveva raccolto i testi evidenziando l'atomismo geometrico, l'ottica, la statica, l'acustica, la meteorologia ma anche i libri di calcolo. Ancora: a pagina 201 di quella benemerita edizione veniva riportata una critica di Luria, apparsa in tedesco nel 1932, che evidenziava i contrasti tra le teorie atomistiche e la geometria greca.
C'è di più. Nell'introduzione dello stesso Luria al grosso tomo di Bompiani, alcune righe vanno meditate: «Platone voleva dare fuoco agli scritti di Democrito, almeno a tutti quelli che fosse stato in grado di raccogliere, ma gli fu impedito dai pitagorici Amicla e Clinia, perché non era un gesto di alcuna utilità, in quanto quei libri erano già diffusi tra molte persone». Insomma, un censore di prima grandezza lo ritenne pericoloso. E Platone, che cita tutti gli antichi filosofi, mai si lasciò scappare il nome di Democrito, neanche quando — sottolinea Luria — «avrebbe dovuto controbattere le sue posizioni».
Che dire? In un saggio del 1936, The Story of Uman Error, Joseph Jastrow, professore a Wisconsin, notò che se Archimede non fosse stato trucidato nel 212 a.C. e poi seguito come maestro al posto di Platone, nel 100 d.C. il Cesare di turno avrebbe mandato «il primo e il secondo squadrone di incrociatori della flotta aerea romana da Ostia ad Atene». Forse è vero, ma i barbari sarebbero stati ancor più pericolosi con quei mezzi e, soprattutto, avrebbero fatto un falò con maggior sarcasmo sia delle ricerche di Archimede sia delle teorie dei sensi o dei nuovi metodi in agricoltura del povero Democrito.

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