Verdetto storico: ai boscimani le loro terre

Verdetto storico: ai boscimani le loro terre

Corriere della Sera del 14 dicembre 2006, pag. 19

di Cecilia Zecchinelli

«My heart today is nice», il mio cuore oggi è bello, ha gri­dato felice in inglese Roy Sesana, leader dei boscimani del Botswana. «Abbiamo pianto così a lungo ma ora versiamo lacrime di gioia. Torneremo subito a casa: i nostri antenati hanno bisogno di noi laggiù, ci aspettano», ha aggiunto nella sua. lingua, danzando in uno strano mix di vestiti — pelli di animali selvatici sopra giacca e cravatta, acconciatura di corna — alla fine di una lunga, disperata battaglia legale.



È stata la Corte Suprema del Botswana, lo Stato del­l'Africa meridionale primo pro­duttore al mondo di diamanti e tra i più ricchi e stabili del Continente, a decretare che il popolo dei San o Basarwa, chiamati anche boscimani (dall'inglese bushmen, uomini della boscaglia), ha diritto di tornare nelle terre dove ha vis­suto per 20 mila anni. Che lo sfratto totale dalla Riserva del Kalahari centrale, messo in at­to dal governo del Botswana nel 2002, è «illegale e anticostituzionale». Che i discendenti dai primi abitanti dell'Africa australe non avranno bisogno di permessi per cacciare nel lo­ro deserto, grande come la Svizzera e uno dei luoghi più inospitali del mondo, ricchissi­mo però di minerali e soprat­tutto diamanti.



L'accusa di Sesana, che due anni fa aveva sfidato legalmen­te il governo, vedeva proprio nei diamanti una delle ragioni di quello sfratto dal Kalahari. Il governo e il colosso minera­rio De Beers volevano avere il deserto tutto per loro. E molti sostenitori stranieri, dall'attri­ce inglese Julie Christie al ve­scovo e Nobel per la pace De­smond Tutu, avevano appoggiato la causa anche per quel sospetto. Perfino Leonardo Di Caprio era stato tirato in ballo più di recente: l'attore prota­gonista di Blood Diamond, il film che uscirà a giorni sui «diamanti di sangue» usati per finanziare guerre civili in Africa, era stato oggetto di un appello dei boscimani. La sen­tenza è arrivata prima di una sua risposta.



II processo, il primo a essere stato trasmesso in diretta dal­la tv e dalla radio nazionali nonché il più lungo e costoso nella storia del piccolo Botswana, sembrava de­stinato a chiudersi con una sconfitta di Sesana e , del suo popo­lo. Un primo verdetto (2 giudici su 3) aveva di­spensato ie­ri mattina il governo dal fornire acqua ed elettricità nelle regioni desertiche e que­sto sembrava preludere a una sconfitta più ampia. Ma poi, quando nessuno sembrava più sperare, era arrivato il verdetto: anco­ra una volta 2 su 3 giu­dici, questa volta a favore dei San.


«Non ci sono rela­zioni tra diamanti e allontanamento dei boscimani», ha deliberato il tribunale : sostenendo in questo il governo, che ha sei settimane per appellarsi e giu­dica «falsamente romantica» la visione degli attivisti inter­nazionali: i boscimani, ormai, hanno abbandonato la loro vi­ta primitiva e sono stati spo­stati per completarne l'inte­grazione sociale. Ma contami­nati o puri che siano questi ul­timi «cacciatori-raccoglitori» d'Africa, la loro vittoria resta un evento storico, un caso che diventerà un precedente. Per il direttore di Survival, Stephen Corry, quel verdetto «rappresenta un successo non solo per i boscimani ma per tutti i popoli indigeni dell'Afri­ca». E perfino al di là dell'Afri­ca: in un mondo globalizzato, anche le tribù dell'Australia, delle Americhe e dell'Asia ieri di certo hanno gioito.

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