Pillola abortiva, è ancora scontro An e Lega all'assalto di Viale
Pillola abortiva, è ancora scontro An e Lega all'assalto di Viale
La repubblica - ed. Torino del 20 febbraio 2008
di Ottavia Giustetti
Pillola abortiva al Sant'Anna: dopo quasi sette anni è ancora una volta polemica. «L'inchiesta della magistratura non è un intervento di tipo politico — ha detto Silvio Viale alla notizia della chiusura indagini e dell'imminente rinvio a giudizio —ma gli effetti di questa inchiesta saranno politici comunque perché verrà strumentalizzata in altra sede». E così è stato: le dichiarazioni da destra e sinistra non si sono fatte attendere. Alleanza nazionale e la Lega hanno chiesto ieri la sospensione di Silvio Viale. I comunisti italiani hanno risposto: «Ogni occasione è buona per sollevare polveroni e intorbidire le acque intorno a una questione che ci vede ultimi tra i paesi più avanzati al mondo, dove l'utilizzo della Ru486 è ormai diffuso da molti anni». Appoggio totale a Silvio Viale dai Radicali e anche dall'Aduc, l'associazione per i diritti dei consumatori, che ha espresso sbigottimento il fatto che si dibatta ancora in Italia sull'introduzione di un farmaco che è legale da anni in quasi ogni paese occidentale, che è raccomandato dall'Oms e approvato dalle agenzie del farmaco americane ed europee. «Siamo certi che la magistratura vorrà porre fine a questa caccia alle streghe — ha detto l'Aduc — e restituire un briciolo di dignità a un sistema sanitario che ha calpestato per anni i diritti delle donne italiane». La questione contestata dai magistrati riguarda l'obbligo di praticare l'aborto con la pillola in regime di ricovero e su questo punto tutti sono d'accordo: in nessun altro Stato avviene così. Anche Paolo Massobrio, professore ordinario e primario al Sant'Anna indagato insieme a Viale, a Mario Campogrande e a Gianluigi Boveri spiega: «Quando l'aborto farmacologico entrerà nell'uso comune, se mai succederà, non si potrà certo prevedere di farlo in ricovero ordinario di tre giorni. Sarebbe assurdo». Lui come Campogrande, altro primario dell'ospedale ginecologico, si sono detti tranquilli. «Credo di non aver fatto niente di male — ha detto Massobrio—nessuna signora ha mai corso particolari rischi di salute». Anche Silvio Viale ribadisce che non c'è stata alcuna irregolarità perché la legge 194 non parla di ricovero e dice solamente che gli atti volontari relativi all'aborto, in questo caso la somministrazione del farmaco, devono avvenire all'interno dell'ospedale. E così è stato in tutti e 362 casi della sperimentazione torinese. Inoltre a suo favore giocherebbe la decisione di un gip milanese, Enrico Manzi, che lo scorso anno ha archiviato un'indagine molto simile sull'ospedale Buzzi di Milano. Lì le interruzioni di gravidanza venivano effettuate senza protocollo di sperimentazione e con un altro farmaco, il methotrexate, non specificamente idoneo a provocare aborti, ma abitualmente utilizzato in tutti gli ospedali d'Italia nel caso di gravidanze extrauterine. Nessun ricovero era richiesto.
La repubblica - ed. Torino del 20 febbraio 2008
di Ottavia Giustetti
Pillola abortiva al Sant'Anna: dopo quasi sette anni è ancora una volta polemica. «L'inchiesta della magistratura non è un intervento di tipo politico — ha detto Silvio Viale alla notizia della chiusura indagini e dell'imminente rinvio a giudizio —ma gli effetti di questa inchiesta saranno politici comunque perché verrà strumentalizzata in altra sede». E così è stato: le dichiarazioni da destra e sinistra non si sono fatte attendere. Alleanza nazionale e la Lega hanno chiesto ieri la sospensione di Silvio Viale. I comunisti italiani hanno risposto: «Ogni occasione è buona per sollevare polveroni e intorbidire le acque intorno a una questione che ci vede ultimi tra i paesi più avanzati al mondo, dove l'utilizzo della Ru486 è ormai diffuso da molti anni». Appoggio totale a Silvio Viale dai Radicali e anche dall'Aduc, l'associazione per i diritti dei consumatori, che ha espresso sbigottimento il fatto che si dibatta ancora in Italia sull'introduzione di un farmaco che è legale da anni in quasi ogni paese occidentale, che è raccomandato dall'Oms e approvato dalle agenzie del farmaco americane ed europee. «Siamo certi che la magistratura vorrà porre fine a questa caccia alle streghe — ha detto l'Aduc — e restituire un briciolo di dignità a un sistema sanitario che ha calpestato per anni i diritti delle donne italiane». La questione contestata dai magistrati riguarda l'obbligo di praticare l'aborto con la pillola in regime di ricovero e su questo punto tutti sono d'accordo: in nessun altro Stato avviene così. Anche Paolo Massobrio, professore ordinario e primario al Sant'Anna indagato insieme a Viale, a Mario Campogrande e a Gianluigi Boveri spiega: «Quando l'aborto farmacologico entrerà nell'uso comune, se mai succederà, non si potrà certo prevedere di farlo in ricovero ordinario di tre giorni. Sarebbe assurdo». Lui come Campogrande, altro primario dell'ospedale ginecologico, si sono detti tranquilli. «Credo di non aver fatto niente di male — ha detto Massobrio—nessuna signora ha mai corso particolari rischi di salute». Anche Silvio Viale ribadisce che non c'è stata alcuna irregolarità perché la legge 194 non parla di ricovero e dice solamente che gli atti volontari relativi all'aborto, in questo caso la somministrazione del farmaco, devono avvenire all'interno dell'ospedale. E così è stato in tutti e 362 casi della sperimentazione torinese. Inoltre a suo favore giocherebbe la decisione di un gip milanese, Enrico Manzi, che lo scorso anno ha archiviato un'indagine molto simile sull'ospedale Buzzi di Milano. Lì le interruzioni di gravidanza venivano effettuate senza protocollo di sperimentazione e con un altro farmaco, il methotrexate, non specificamente idoneo a provocare aborti, ma abitualmente utilizzato in tutti gli ospedali d'Italia nel caso di gravidanze extrauterine. Nessun ricovero era richiesto.
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